La Storia di Dio
17 settembre 2014
Un giorno una parola - Commento a Genesi 21, 17-18
L’angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del ragazzo là dov’è. Alzati, prendi il ragazzo e tienilo per mano, perché io farò di lui una grande nazione».
(Genesi 21, 17-18)
Rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia vacillanti; fate sentieri diritti per i vostri passi
(Ebrei 12, 12-13)
Tradimenti, omicidi, gelosie con esiti ferali, la Bibbia non ci risparmia niente. Specchio della tragica condizione umana, la racconta con realismo invitandoci a prendere atto dei nostri drammatici limiti. Sopra questo magma di storie non proprio edificanti c’è la mano potente di Dio che dona una nuova speranza di vita là dove l’uomo semina morte e distruzione. Agar, la schiava, e il figlio Ismaele scacciati dalla gelosia di Sara, vagabondano per il deserto. L’acqua dell’otre presto è finita e il loro destino pare segnato da una morte imminente. Agar si dispera ma Dio sente il pianto del bambino, pianto di cui la Bibbia non ci narra. Sara e Abramo hanno scacciato quel bambino, ma Dio lo ha a cuore e lo salva. Dio scrive una Storia per l’umanità che si contrappone alle nostre miserevoli storie. La Storia di Dio narra della giustizia voluta per consolare il flebile pianto di un bambino.
Ismaele non solo avrà salva la vita ma sarà il progenitore di una grande nazione. Nel Corano incontriamo nuovamente Ismaele come antenato dell’Islam secondo le parole dell’Antico Testamento. Questa origine comune dovrebbe spingere i popoli a riconoscersi come fratelli e invece si continuano a vivere terribili storie bagnate di sangue. Quando guardiamo all’abisso che separa la nostra storia dalla Storia di Dio, non possiamo non comprendere fino in fondo l’urgenza che Gesù provava quando pregava: «Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà».