Eterologa: «il Ministero la inserisca nei Livelli Essenziali di Assistenza»
17 settembre 2014
Intervista a Monica Fabbri, biologa, per dieci anni membro della Commissione bioetica della Tavola Valdese
Dopo la scelta della Corte Costituzionale di dichiarare incostituzionale la parte della Legge 40 del 2004 dedicata alla fecondazione eterologa, ogni regione, che ha parziale autonomia in materia ha provveduto a gestire il vuoto normativo. La Regione Lombardia ha deciso di far sostenere ai genitori le spese per questo tipo di procedura, con la motivazione che non si tratti di una cura essenziale. Le polemiche sono state molte, tra cui quella del sindaco di Milano Pisapia, che ha parlato di una scelta «oscurantista e discriminatoria».
Abbiamo commentato la notizia con Monica Fabbri, biologa, per dieci anni membro della Commissione bioetica della Tavola Valdese.
Come commenta la notizia?
«Penso anche io che sia una decisione oscurantista e iniqua. Iniqua perché non è giusto costringere le persone ad andare in altre regioni, anche perché le procedure sono lunghe e non tutti potranno sostenere i costi delle frequenti trasferte; oscurantista nel senso che la Regione Lombardia già sostiene economicamente altri tipi di procreazione medicalmente assistita, come la fecondazione artificiale».
Come si è arrivati a questa scelta in Lombardia?
«Si tratta della sfera di competenza autonoma delle regioni, che possono decidere quali prestazioni fornire. È quasi sicuro che la Regione dovrà tornare indietro su questa scelta quando la Lorenzin o il Parlamento,decideranno di fare una legge in questo senso. Il ministro Lorenzin potrebbe farlo anche subito, introducendo la metodica all’interno dei LEA, come sarebbe giusto e lecito fare, visto che le altre tipologie di fecondazione medicalmente assistita già sono inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza».
Maroni è stato accusato di aver fatto questa scelta per accontentare Cl, che ne pensa?
«Sono convinta che abbia ceduto a delle pressioni: la scelta è incoerente rispetto ad altre scelte che ha fatto in Lombardia, che rimborsa spesso anche delle cure sanitarie non necessarie, come i vaccini allergologici; molte regioni non li rimborsano e invece questa cura, anche se costosa, è appoggiata all’interno della Regione».
Tra le notizie di oggi si parla dell’assenza di donatori, in Piemonte per esempio.
«Non mi pare un problema reale: non credo che i donatori debbano arrivare dalla stessa regione di chi ricorre alle cure; ci vorrà sicuramente un albo nazionale per i donatori».
Perché è così difficile comunicare la “questione eterologa”?
«L’eterologa suscita sempre molte polemiche perché per qualche motivo rimanda a delle pratiche che sembrano innaturali, come dare la possibilità alle coppie omoaffettive o a donne in età avanzata di avere figli. Ma in realtà queste pratiche non sono consentite in Italia per leggi precedenti alla legge 40, mentre è ammessa per quelle coppie in cui uno dei due è sterile. Se un uomo ha avuto una leucemia in età prepuberale e ha subito chemioterapia, o in seguito ad un incidente o a un trauma, non sarà in grado di procreare. In questo caso l’unica possibilità è la donazione di gamete».
C’è una via d’uscita per la Lombardia e in generale per questi problemi bioetici?
«Per la Lombardia esiste: che il Ministero inserisca l’eterologa nei Lea. In questo modo, pur mantenendo la sua autonomia, la Regione non dovrebbe metterla a pagamento. Per l’altro aspetto ci vorrebbe un'operazione culturale. Purtroppo con l’eterologa c’è stata una grande campagna di disinformazione. Quando ci fu il referendum contro la Legge 40, persino le persone contrarie alla legge su questo metodo avevano dei dubbi: la campagna di informazione non è stata appropriata».