Pronunciare il nome di Dio
16 settembre 2014
Un giorno una parola – Commento a Matteo 6, 9
Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano
(Esodo 20, 7)
Sia santificato il tuo nome
(Matteo 6, 9)
Al momento della nascita l’esistenza di un bambino viene suggellata dal nome che i genitori con amore gli danno. Questo nome lo accompagnerà per tutta la vita, permettendogli di essere un individuo con caratteristiche proprie e uniche in mezzo ai suoi simili. Dare un nome è un atto di estrema importanza, significa infatti riconoscere che di fronte a me c’è un “tu”, uguale e diverso, con cui mi posso rapportare. Ciò che non ha nome non esiste. Noi sappiamo che Dio ha un nome, ma l’Antico Testamento ci invita a non pronunciarlo, perché ciò equivarrebbe a trascinare Dio giù sulla terra strappandolo alla sua trascendenza. La distanza tra Dio e gli uomini va mantenuta, Dio è lontano in quanto totalmente altro dagli uomini.
Eppure noi, nelle nostre preghiere quotidiane, sentiamo Dio così vicino che ci sembra che possa illuminare la nostra anima. Dio si è fatto vicino a noi nell’uomo Gesù, quell’uomo pieno di Spirito santo che ci ha anche insegnato a pronunciare il nome di Dio. Pronunciando quel nome, Abbà-Padre, così come lo pronunciava Gesù, noi riconosciamo la distanza incommensurabile che ci separa da Lui, ma anche la sua amorevole volontà di farsi così prossimo a noi da essere insito in noi più profondamente della nostra interiorità (Agostino). Quando, ammaestrati da Gesù, pronunciamo il Suo nome lo santifichiamo, riconosciamo la sua gloriosa santità; quando pronunciamo il Suo nome, mossi dallo Spirito, noi, anche senza saperlo, lo lodiamo come i serafini nella visione di Isaia: “Santo, santo, santo è il Signore Dio dell’universo, tutta la terra è piena della sua gloria”.