Rivolgersi a Dio
02 settembre 2014
Un giorno una parola – Commento a Filippesi 4, 6
Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità
(Salmo 145, 18)
Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti
(Filippesi 4, 6)
Che la nostra vita si svolga in un clima di precarietà, penuria, ansia e che il credente si rivolga a Dio cercando aiuto, è un dato di fatto. L’apostolo Paolo, che scrive la lettera ai Filippesi, lo sa. Ma qui dice tre cose importanti. La prima è di non angustiarsi, come a dire di affrontare le difficoltà senza dichiararsi sconfitti in partenza.
La seconda (che è poi il fondamento della prima) è che tu puoi parlare con Dio. La preghiera è dunque un dialogo con Lui. E già questo è un motivo di enorme sollievo. Tu hai qualcuno con cui condividere quelli che sono i tuoi problemi; qualcuno che non solo ti ascolta, ma che capisce profondamente ciò che ti tormenta. Nel versetto precedente (Fil. 4, 5) Paolo ha scritto «il Signore è vicino» che non allude forse solo alla venuta del Regno, ma al fatto che il Dio col quale entri in dialogo non è distaccato, lontano, irraggiungibile nella sua alterità ed eternità, ma accanto a te, al tuo fianco; il Dio che in Cristo ha condiviso le tue ansie e le tue gioie, le sofferenze e le speranze, i tuoi patimenti e la morte.
La terza è il ringraziamento. Le nostre preghiere non possono essere soltanto una lista di richieste di cose che Dio deve fare per noi o i nostri cari o il mondo. Se ci mettiamo seriamente di fronte a Dio non possiamo non riconoscere i molti doni che riceviamo da Lui e soprattutto di essersi impegnato in modo tale da assumere la nostra morte per donarci la vita in Cristo.