Una cartina al tornasole delle chiese cristiane europee
21 giugno 2023
La XVI Assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee è un’occasione per verificare la capacità di mantenere aperto il dialogo tra paesi dell’Est e dell’Ovest del Continente
A Tallinn, capitale estone situata sul Mar Baltico e a soli 200 Km dal confine russo, sono palpabili le principali tensioni che percorrono l’Europa odierna e le sue chiese cristiane. Diverse ambasciate dei Paesi occidentali espongono la bandiera ucraina, al fianco della propria bandiera nazionale, in segno di solidarietà. Davanti alla facciata dell’ambasciata russa si trova una fila di transenne completamente ricoperte da cartelli che condannano la guerra in corso e le sue tremende conseguenze. L’aria che si respira a Tallinn è quella della storia dell’Estonia, un Paese che è stato diretto protagonista dello scontro tra l’Occidente e l’Unione Sovietica, fino all’ottenimento della sua indipendenza nel 1991. Le stesse chiese ortodosse estoni mostrano ancora oggi i segni del passato, rivendicando le loro diverse appartenenze ora al Patriarcato di Costantinopoli ora al Patriarcato di Mosca.
Proprio in questo contesto, che assume automaticamente una forte valenza simbolica, è stato deciso di svolgere la sedicesima Assemblea Generale della Conferenza delle Chiese Europee (Kek), il principale organismo ecumenico europeo che riunisce insieme 113 chiese protestanti, anglicane e ortodosse del continente. L’evento si è svolto dal 15 al 20 giugno 2023 ed è stato intitolato “Sotto la benedizione di Dio - dando forma al futuro” (Under God’s blessing - shaping the future). Rispetto all’ultima Assemblea, tenutasi a Novi Sad (in Serbia) nel 2018, lo scenario europeo e mondiale risulta drasticamente cambiato in seguito alla pandemia del Covid-19 e allo scoppio della guerra in Ucraina. Le tensioni tra l’Ovest e l’Est dell’Europa sono riemerse con forza e lo scontro all’interno delle chiese ortodosse si è drammaticamente accentuato. Per questa ragione, durante i lavori assembleari sono stati previsti diversi momenti per ascoltare le voci di coloro che vivono nelle aree di conflitto o ne sono direttamente influenzati, a partire dalla leader Sviatlana Tsikhanouskaya, la quale promuove un movimento democratico nonviolento per trasformare politicamente e socialmente la Bielorussia, fino ad arrivare a diversi rappresentanti religiosi (e non solo) che vivono in Ucraina o in Paesi limitrofi e che portano avanti progetti volti alla riconciliazione e al sostegno delle popolazioni colpite dalla guerra.
L’Assemblea di Tallinn si è presentata, dunque, come un’occasione per mettere ancora una volta alla prova la vocazione stessa della Kek, sorta nel 1959 proprio per creare ponti tra l’Ovest e l’Est europei durante la Guerra Fredda e per dare una comune testimonianza alla ricerca della pace fra i popoli del continente e dell’unità della Chiesa di Cristo. Una vocazione che deve prima di tutto confrontarsi con le due facce dell’Europa di oggi, come è stato ribadito durante una sessione assembleare dal sociologo tedesco Hartmut Rosa: da una parte un’Europa aggressiva e violenta che tende a chiudersi e a difendere i propri interessi personali, continuamente alla ricerca di una smisurata crescita economica e tecnologica che causa “alienazione” nelle persone; dall’altra parte un’Europa capace di ascoltare le esigenze dei suoi abitanti e di divenire uno spazio di “risonanza” per creare una vera connessione tra le persone e con il resto del creato, in sostanza una comunità. Due Europe alle quali corrispondono due diversi atteggiamenti delle chiese cristiane: il primo chiuso in se stesso e tendente a mantenere lo status quo; il secondo aperto alla novità e al cambiamento, solidale, inclusivo, nonviolento, in grado di concepirsi come parte di un sistema globale nel quale tutto è interconnesso.
Sulla scia di questi interventi e di altri preziosi contributi, tra i quali spiccano quelli dell’ex-arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, e del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, le chiese cristiane europee si sono interrogate sul loro ruolo futuro nel continente. Oltre al loro impegno per la pace e la riconciliazione, continuano a restare centrali le tematiche legate alle migrazioni e alla crisi climatica, rispettivamente enfatizzate dall’ultimo triste naufragio avvenuto vicino alle coste della Grecia all’inizio dell’Assemblea e dai commenti delle nuove generazioni presenti ai lavori. Tutte le discussioni e le decisioni sono state incorniciate all’interno di studi biblici e celebrazioni ecumeniche, le quali hanno favorito e arricchito la comunione tra le persone presenti.
In conclusione, l’Assemblea di Tallinn rappresenta una vera e propria cartina al tornasole delle chiese cristiane europee. Le nuove circostanze e situazioni nelle quali quest’ultime sono immerse rappresentano ancora una volta un’opportunità per rivelare la loro vocazione cristiana e immaginare il loro impegno futuro. La speranza è che questo incontro possa ispirare le chiese e far emergere i colori della pace, al di là di ogni sentimento bellico e di ogni ideologia, così da poter rispondere alle nuove sfide dell’Europa e plasmare il suo futuro, riconoscendo che esso appartiene a Dio e che prende forma solamente restando sotto la sua benedizione.
Foto di Albin Hillert/Kek