Burkini in Francia, è di nuovo polemica
19 maggio 2022
La decisione del sindaco di Grenoble per consentire alle donne islamiche di frequentare le piscine comunali scatenano il dibattito politico
Lunedì 16 maggio, il consiglio comunale di Grenoble, nella regione Rodano-Alpi, sud-est della Francia, ha approvato una modifica del regolamento interno delle piscine cittadine, consentendo di indossare il burkini, il costume da bagnofemminile integrale adottato da alcune donne di fede islamica, argomento che ha suscitato di nuovo una polemica politica nazionale. La delibera è stata adottata con una stretta maggioranza di 29 voti a favore, 27 contrari e due astensioni, dopo due ore e mezza di dibattito a volte teso. Il sindaco ecologista Eric Piolle ha respinto le obiezioni dell'opposizione, adducendo una battaglia «femminista, sanitaria e laica» perché nulla vieta di indossare abiti religiosi nello spazio pubblico, «anche in piscina».
Le nuove regole per le piscine prevedono che non ci sia più un limite alla lunghezza dei costumi da bagno, ha spiegato Céline Mennetrier, vice responsabile del settore sportivo di questa cittadina di circa centocinquantamila abitanti. Permetterà alle donne di nuotare in topless e a tutti i bagnanti di indossare un costume da bagno che li protegga dal sole. L'uso del burkini è stato rivendicato dalla controversa associazione Alliance Citoyenne, che dal 2019 ha organizzato diverse azioni simboliche nelle piscine di Grenoble per far passare il suo messaggio. I suoi membri, riuniti in una sala di Grenoble, hanno assistito alla riunione del consiglio comunale in videoconferenza.
Il presidente della regione Alvernia-Rodano-Alpi, Laurent Wauquiez, ha reagito rapidamente al voto del consiglio comunale, accusando Eric Piolle di «rompere definitivamente con la laicità e i valori della nostra Repubblica». Il prefetto dell'Isère ha annunciato domenica sera che si sarebbe rivolto al tribunale amministrativo di Grenoble, su istruzioni del ministro dell'Interno Gérald Darmanin, per bloccare la misura se fosse effettivamente adottata.
Darmanin ieri 17 maggio ha definito una «provocazione inaccettabile» l'autorizzazione a indossare il burkini nelle piscine comunali di Grenoble. «Il signor Piolle, sostenitore del signor Mélenchon, sta giocando alla provocazione, contraria ai nostri valori», ha twittato il ministro degli Interni del governo dimissionario.
«Ho incaricato il prefetto di rinviare la delibera e, se necessario, di chiederne il ritiro», ha aggiunto. Il rinvio prefettizio fa parte del controllo di legalità degli atti delle autorità locali. «Darmanin, il ministro che ha nel suo curriculum la legge sul separatismo, che trova Marine Le Pen troppo morbida, che si oppone alle sezioni halal e kosher nei negozi, si permette di dare lezioni? Rileggete la legge del 1905, invece di stravolgerla», ha reagito Eric Piolle su Twitter.
Il prefetto dell'Isère aveva già fatto sapere domenica sera, prima della delibera del consiglio comunale, che si sarebbe rivolto al tribunale amministrativo di Grenoble per bloccare il provvedimento, su indicazione proprio di Gérald Darmanin. Per farlo, dovrebbe appellarsi a una disposizione introdotta dalla legge sul separatismo votata nell'agosto 2021, che riguarda gli atti che «minano gravemente il principio di laicità e neutralità del servizio pubblico».
«Storicamente, la separazione tra chiesa e Stato è stata concepita come garanzia di pluralismo religioso e libertà di culto» scriveva Luca Pasquet su Riforma nel 2016, anno in cui la polemica sull’uso del costume da bagno integrale ri-esplose. «L’imparzialità dello Stato è dunque funzionale alla libera “parzialità” degli individui, alla libertà di avere convinzioni soggettive e di comunicarle agli altri, anche mediante l’esposizione di simboli…Questo processo si spiega in parte con la tendenza a leggere il rapporto tra religioni e Stato in chiave di “scontro di civiltà”, ossia seguendo la logica del “noi/loro” piuttosto che una prospettiva pluralista. Le società occidentali vengono quindi descritte come “società laiche”, in opposizione alle società dei “paesi islamici”. In quest’ottica, si fa coincidere la laicità con la secolarizzazione della società. Si tratta tuttavia di un equivoco: le nostre società non sono “laiche”, ma pluraliste grazie alla laicità dello Stato, il che è ben diverso!». Il dibattito è fra chi vede comunque nel burkini la possibilità per alcune donne di accedere a servizi pubblici cui altrimenti non si recherebbero, con annessa possibilità socializzatrice, a chi ne fa invece simbolo di oppressione e soprattutto di invasione di campo da parte di una religione nel contesto pubblico francese. Dibattito che nell’Italia dei crocifissi si faticherebbe a comprendere.