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Vaccini anti-Covid, iniquità e buone speranze per il 2022

L’emergere della variante Omicron ha riacceso il dibattito sull’accesso equo alle vaccinazioni a livello globale, ma permangono problematiche di vecchia data

Il 24 novembre 2021 è giunta dal Sudafrica la prima segnalazione di una nuova variante del Sars-CoV-2, poi denominata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Omicron. I dati sulla sua diffusione indicano al momento una capacità di contagio più veloce e più rapido. Al di là della retorica ottimistica propugnata da buona parte della stampa generalista sul fatto che Omicron risulterebbe essere “meno letale”, l’insorgenza di questa nuova variante ha fatto tornare alta l’attenzione su un tema centrale nella campagna per la lotta alla pandemia, quello della prevenzione.

Come affermato dal Direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus nella prima conferenza stampa dell’anno lo scorso 6 gennaio, i bassi tassi di vaccinazione, soprattutto nei Paesi più svantaggiati dal punto di vista economico, hanno creato le condizioni perfette per la mutazione e l’evoluzione del virus. Ancora una volta quindi occorre puntare i riflettori sulla necessità di una maggiore equità nella distribuzione di vaccini anti-Covid a livello globale.

Da questo punto di vista al momento la situazione sembra essere disarmante: secondo i dati più recenti, a livello globale il 58,8% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino, per un totale di 9,33 miliardi di dosi somministrate. Sebbene possa sembrare un buon tasso, occorre considerare che nei Paesi più poveri solo l’8,8% delle persone hanno ricevuto almeno una dose. Alcune carte di distribuzione mettono bene in luce questo fenomeno, che vede quasi l’interezza del continente africano in netto contrasto con il resto del mondo.

Nonostante lo scenario non sembri dei più rosei, il 14 dicembre 2021 sono emersi dei segnali che sembrerebbero indicare un cambio di rotta per quanto riguarda il 2022. Il meccanismo di distribuzione globale di vaccini COVAX lo scorso anno ha subito diverse battute d’arresto a causa di una sostanziale incapacità di perseguire gli obiettivi che erano stati fissati a 2 miliardi di dosi entro il 2021. Ora che le ambizioni sono state ridimensionate e che l’offerta di vaccini aumenta grazie alla ricerca scientifica ha permesso di stimare per l’anno da poco iniziato la distribuzione di 2,39 miliardi di dosi, con opzioni aperte che potrebbero far lievitare questo numero fino a 6 miliardi. La possibilità di far giungere farmaci in Paesi in difficoltà certo non eliminerebbe le problematiche legate alla loro distribuzione sui territori e alla capacità dei governi di organizzare campagne di vaccinazione ampie e capillari, ma si tratta in ogni caso di importanti passi avanti per quanto riguarda l’accesso ai medicinali.

Altro punto da aggiungere alle difficoltà che riguardano i territori marginali (e non solo) è quello che riguarda l’esitazione a ricevere i vaccini. La tematica è molto complessa, ma secondo recenti analisi risulta diffusa sostanzialmente in tutto il mondo. La crescita globale dei populismi gioca un importante ruolo in questo fenomeno e ciò dovrebbe porre ancora una volta un grande interrogativo alla politica: come affrontare l’esitazione da parte dei cittadini? Sembra che questo punto di domanda sia destinato a rimanere in sospeso ancora a lungo, l’organizzazione di campagne di comunicazione e istruzione efficaci e chiare è una prospettiva lontana. Eppure, potrebbe porre un freno a quel sentimento di sfiducia verso gli esperti che in alcuni contesti sta giocando un ruolo molto importante a discapito della salute globale.

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