Le migrazioni del 2021
07 gennaio 2022
Uno sguardo complessivo all’anno appena passato lungo le storie delle rotte migratorie
Tra i vari sguardi che possiamo lanciare indietro all’anno appena passato ci sono anche le notizie relative ai fenomeni migratori, che si tratti degli eventi (spesso tragici) avvenuti lungo le varie rotte, o delle politiche (spesso mancanti) che le hanno circondate.
Il fenomeno globale è ovviamente troppo complesso per essere contenuto in un articolo. Per questo, su ispirazione di un’analisi di aljazeera, qui ci concentriamo su un’area specifica: le rotte verso l’Unione Europea, al centro di importanti movimenti nel corso dell’anno.
Partiamo dalla rotta mediterranea. Secondo i dati dell’UNHCR, sono stati circa 120mila gli arrivi nel corso dei 12 mesi, soprattutto verso Italia e Spagna, seguite da Grecia, Malta e Cipro. Molti però anche quelli che non ce l’hanno fatta: si stima siano state oltre 1800 le persone partite e mai più trovate. Alcuni naufragi sono stati particolarmente mortali. Ad aprile morivano 130 persone in un solo incidente al largo della Libia, dove altri 150 migranti avrebbero perso la vita in un altro naufragio, a luglio, mentre un numero imprecisato di vittime (forse attorno alle 100) sono naufragate qui a novembre.
Riguarda solo in parte il Mediterraneo il triste conteggio delle vittime che hanno cercato di raggiungere, in particolare, la Spagna, perché la maggior parte di questi viaggi è diretta alle Canarie. Secondo le ultime stime, in ogni caso, si tratta di una cifra raddoppiata.
Un record riguarda anche una rotta diversa, quella tra Francia e Gran Bretagna attraverso la Manica. Anche in questo caso i viaggi sono stati più numerosi del solito, arrivando sulle prime pagine con un altro evento tragico: la morte di 27 rifugiati il 24 novembre, forse il peggior incidente di questo tipo in acque nordiche.
Naturalmente il più grande evento dell’anno, in questo e altri sensi, è stata la ritirata delle truppe occidentali dall’Afghanistan nel corso dell’estate, a cui è seguita una rapida conquista da parte dei talebani, saliti al potere il 15 agosto. Le immagini del disperato tentativo collettivo di fuga all'aeroporto di Kabul, nella speranza (spesso vana) di salire sui voli delle forze militari in rientro, sono senz’altro tra le più inquietanti del 2021.
Molti afghani però non hanno interrotto in quell’istanza l’intenzione di lasciare il paese (già da diversi anni, tra l’altro, l’Afghanistan è il paese da cui provengono più migranti diretti in Europa). Qui entrano in scena anche le politiche dei paesi europei: non solo per l’impegno di chi ha mandato e poi ritirato truppe dal paese, ma anche, più in generale, sull’accoglienza dei rifugiati. A differenza di altre crisi (forse meno lampanti) buona parte del mondo politico ha dichiarato la volontà di accogliere i richiedenti asilo afghani. Diverso però il passaggio dalle parole ai fatti. L’Italia è stata criticata per il mancato appoggio ai migranti, sebbene in seguito abbia poi siglato l’accordo per l’attivazione dei corridoi umanitari assieme a Tavola Valdese, FCEI e Comunità di Sant’Egidio.
Al di là di questa istanza, il percorso degli afghani in fuga è reso però complicato proprio in virtù della politica europea, almeno in parte. L’UE chiede ai paesi limitrofi di aiutare nella gestione dei rifugiati, ovvero l’ennesima decisione di esternalizzare le frontiere e tenere lontano il problema. Nella pratica, molti migranti si trovano ad affrontare lunghi e pericolosi viaggi, passando spesso dai balcani, dove non incontrano una situazione molto favorevole.
Prima di chiudere, impossibile non citare la particolare crisi migratoria creata ad hoc dal presidente belorusso Lukashenko: tra l’estate e l’autunno del 2021, in risposta ad alcune sanzioni ricevute dal blocco europeo, il governo del paese ha annunciato che avrebbe inondato l’Europa di migranti; in seguito ha agevolato viaggi aerei, soprattutto dall’Iraq, portando nel paese persone che poi venivano spinte verso i confini di Polonia e Lituania. Un agghiacciante strategia giocata sulla pelle di persone, con ogni probabilità ingannate riguardo alla possibilità di completare il viaggio, quando invece venivano in buona parte bloccate e lasciate in un limbo, talvolta mortale. La mossa non ha causato l’instabilità sperata da Lukashenko, ma ancora una volta ha perso l’occasione per gestire la questione in modo umano: invece di accogliere i migranti senza incassare il colpo, ha inasprito le frontiere e assunto toni da guerra. Per l’ennesima volta.