Medio Oriente. La difficile costruzione della pace
19 novembre 2021
Preoccupazione dal Comitato del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) per i nuovi insediamenti nei Territori palestinesi
E quando si avvicinò e vide la città, pianse su di essa, dicendo: «Se anche tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi. (Luca 19, 41-42)
In risposta ai recenti sviluppi nei Territori palestinesi (Palestina) e in Israele «Il Comitato esecutivo del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e le sue chiese membro presenti nell’area mediorientale esprimono preoccupazione per i nuovi insediamenti israeliani e per alcune attività messe in atto dai coloni in quei territori. A destare preoccupazione sono poi alcune misure attuate dalle autorità governative nella Città Vecchia. Oggi, assistiamo a un repentino cambiamento negli equilibri sociali tra le parti che minano l’identità multireligiosa di Gerusalemme. Preoccupano, poi, gli spostamenti di molti palestinesi dalle loro case e le nuove restrizione esercitate ad attività culturali promosse tra le comunità palestinesi», si legge sul sito del Cec.
Sviluppi che indicano «un deterioramento della situazione nella regione e che evidenziano quanto i nodi irrisolti siano ancora fonte di discordia, come lo è l’occupazione militare dei Territori palestinesi, che ostacola il raggiungimento di una pace giusta tra il popolo della Terra Santa. La situazione è poi aggravata dalla pandemia di Covid-19 che ha prodotto risposte sanitarie con ulteriori restrizioni all’azione della società civile nella regione».
Insieme ad alcune organizzazioni internazionali della società civile, si legge ancora, «la società civile palestinese è stata tenuta sotto controllo restringendone le libertà. Recentemente il ministro della Difesa israeliano ha equiparato alcune associazioni palestinesi umanitarie, dunque membri della società civile che lavorano per i diritti dei bambini e delle donne, a organizzazioni terroristiche. Questo malgrado non siano mai state mostrate prove per giustificare tale accusa.
Un accusa – si legge ancora –, rivolta a opera a difesa dei diritti umani. Mettere a tacere queste voci è incompatibile con i principi democratici e il diritto internazionale. La legislazione antiterrorismo non può e non dev’essere utilizzata per minare alla base le libertà civili e limitare il legittimo lavoro portato avanti dalle organizzazioni umanitarie».
Un altro sviluppo preoccupante per il Cec è l’occupazione: «Il piano governativo israeliano prevede la costruzione più di 3.100 nuove case nei Territori della Cisgiordania. La commissione urbanistica ha recentemente dato la sua approvazione finale per la realizzazione di 1.800 unità abitative e un’approvazione preliminare per altre 1.344. Questa espansione è contraria al diritto internazionale e alla quarta Convenzione di Ginevra e mina ulteriormente le speranze di fine dell’occupazione e di un futuro giusto e pacifico per entrambi i popoli».
300 palestinesi e 28 famiglie, prosegue il Cec «Vivono con la minaccia di sgombero forzato dalle loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est e dove risiedono sin dal 1956 in base a un accordo firmato tra l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro (Unrwa) e il Regno hashemita di Giordania».
Altro tema, si legge, infine, «è quello legato alla raccolta delle olive, oggi sempre complicata per le famiglie palestinesi poiché condizionata da molestie e da atti di vandalismo, attribuibili a coloni israeliani. Ad oggi la raccolta delle olive in corso registra 28 “incidenti”. 1415 alberi sono stati spezzati o distrutti e grandi quantità di olive perse. La comunità palestinese di Awarta e i volontari di Rabbis for Human Rights hanno poi denunciato danni alla loro sede e aggressioni subite con l’offesa di bombolette spray al peperoncino».
Infine, afferma il Cec «è stata predisposta un’ulteriore misura restrittiva per la società civile e decisa dal ministro della pubblica sicurezza israeliana: sospendere un evento culturale in una chiesa a Gerusalemme est. Un evento che mirava a migliorare il benessere psicosociale dei bambini palestinesi. Il ministro ha giustificato la decisione sostenendo che “è l’Autorità palestinese a finanziare questi eventi”; affermazione che gli organizzatori negano».
La notizia del Cec termina con un appello, una preghiera, «che possano aumentare i pellegrini e i visitatori in Terra Santa per servire e per essere testimoni cristiani di pace; per far crescere l’economia della popolazione palestinese e aiutare le persone in conflitto e le parti a raggiungere un dialogo nella ricerca del benessere sociale e economico comune».
Il Comitato Esecutivo del Cec, riunitosi a Bossey (Svizzera) dal 12al 17 novembre 2021, richiama dunque e «nuovamente l’attenzione di tutte e tutti affinché si possano scongiurare emarginazioni e ostruzionismi e a favorire invece le legittime aspirazioni della popolazione palestinese a ottenere pari dignità, pari diritti. Una pace giusta e sostenibile in Terra Santa – ribadisce il Comitato del Cec – non si può costruire con la violenza», rivolgendosi a tutte e due le parti in causa. «Chiediamo – conclude il Comitato – ancora una volta a tutti i cristiani e a tutte le persone di buona volontà di pregare perché si possa giungere a una pace di giustizia, di dignità e di diritti per le e tra le parti in causa: palestinesi e israeliani».