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Briançon, continua l'emergenza e la mobilitazione

Centinaia di persone migranti accampate con temperature sotto lo zero. Cittadini, associazioni e chiesa cattolica in campo

Da due settimane a questa parte a Briançon la situazione di crisi delle persone migranti che tentano di attraversare le montagne alpine è rimasta immutata: associazioni e cittadini solidali con gli esiliati continuano la mobilitazione.

Questa settimana, dopo la neve, le temperature sono scese a -10 gradi. Molte famiglie con bambini piccoli arrivano ogni notte attraversando il confine con l'Italia. «Siamo in una terra di montagna inospitale e pericolosa – si legge in un comunicato dell’associazione “Tous Migrants” -. La parrocchia di Santa Caterina, che ha generosamente aperto le sue porte, ha trasformato il proprio prato in un accampamento improvvisato con due grandi tende allestite per ospitare quasi 100 persone. È stata inoltre costituita una rete di ospitalità solidale e la mobilitazione dei cittadini cresce. Dall’arrivo di oltre 200 esuli alla stazione di Briançon il 24 ottobre, il campanello d’allarme continua a essere suonato dalle tante e dai tanti che prestano aiuto. Da diversi mesi i transitanti sono costretti a trattenersi più a lungo al rifugio a causa dei ritardi dei test Covid per il libretto sanitario e del lavoro del treno notturno che ha limitato i posti disponibili».

 Domenica 24 ottobre, l'associazione Refuges Solidaires ha deciso di sospendere temporaneamente e simbolicamente la sua attività di accoglienza a causa del gran numero di persone (200 di fronte a un massimo previsto di 80) che minacciava la sicurezza e l'accoglienza dignitosa.

Dal 2015 le accoglienze di emergenza sono fornite solo da associazioni e volontari. «Eppure, questo è un obbligo dello Stato» si legge ancora nel testo siglato dalle varie organizzazioni che operano nella regione.

A partire dal giorno successivo, le persone si sono recate alla stazione ferroviaria e vi hanno trascorso la notte da domenica 24 a lunedì 25 insieme a decine di persone della società civile. Per timore di un eventuale intervento della polizia che avrebbe minacciato gli esuli e su richiesta delle associazioni, il parroco di Briançon e monsignor Xavier Malle, vescovo della diocesi di Gap e Embrun, hanno aperto le porte della chiesa di Santa Caterina. I rifugiati, stremati, hanno potuto dormire all’interno della chiesa per 5 notti (dal lunedì al sabato). «Abbiamo poi lasciato la chiesa per metterla a disposizione durante le celebrazioni di Ognissanti. Tra sabato 30 ottobre e domenica 7 novembre, gli esuli sono stati accolti nella sala parrocchiale di Santa Teresa (capacità di 25 posti) e in tende nel giardino di Santa Caterina. Da domenica 7 ottobre gli esuli dormono o in tenda o da ospitanti solidali».

Il giorno dopo la sospensione delle attività del rifugio, la Prefettura ha vietato alla Croce Rossa di effettuare i test antigenici, che hanno impedito alle persone di salire su mezzi di trasporto e di lasciare Briançon. Il Comune ha chiesto rinforzi al ministero dell'Interno. Due reparti di gendarmeria mobile (vale a dire 200 persone) sono giunte nei giorni seguenti.

Diversi autobus per Valence e Lione sono stati noleggiati dalla Prefettura durante la prima settimana con la promessa al vescovo, alle associazioni e soprattutto alle persone che non ci sarebbero stati arresti al loro arrivo.

«Associazioni e cittadini uniti moltiplicano azioni e sfide per avere una risposta da autorità pubbliche di fronte a questa crisi umanitaria: lettera al prefetto, tentativo di ospitare gli esuli in un ex centro di vaccinazione, striscioni, lancio di una rete di ospitanti solidali, volantini distribuiti nei mercati, etc».

L'unica risposta delle autorità pubbliche al momento è «una lettera tanto sorprendente quanto violenta della Prefetta della regione delle Hautes Alpes, Martine Clave: ammette la presenza di persone senza soluzione di accoglienza e alloggio nella regione del Briançonnais, ma confuta la necessità di aree di accoglienza d’emergenza, mettendo allo stesso tempo in discussione la legittimità dell’operato dei solidali». Al contrario la Prefetta parla di «una gestione controllata dei flussi da un sistema di frontiera rafforzato» in barba alla legge, che prevede dal 1982 la possibilità di chiedere asilo alla frontiera.

«Da Calais, via Ventimiglia, Bayonne, a Briançon, siamo di fronte a una politica repressiva, indegna e irresponsabile, che mette in pericolo la vita umana. Siamo determinati più che mai a far sentire le nostre richieste e a mostrare la realtà di questa situazione che lo Stato rende consapevolmente invisibile nella più grande disumanità. Per troppo tempo noi, associazioni e cittadini, ci siamo assunti da soli la responsabilità di sicurezza, riparo, accoglienza, alloggio e supporto per le esigenze di salute degli esuli. Ribadiamo la nostra richiesta alle pubbliche autorità di:

- Un vero spazio di dialogo e consultazione con associazioni, cittadini e persone interessate

- L'istituzione di un dignitoso sistema di accoglienza di emergenza oltre al rifugio solidale nel senso dell'art 345-2-2 del Codice di Azione Sociale e delle Famiglie

- Accesso ai test COVID-19 per garantire una missione di salute pubblica e la continuità di percorso delle persone

- Facile accesso ai mezzi di trasporto».

 Una grande mobilitazione è organizzata a Briançon sabato 13 dalle associazioni del territorio.

 

Foto dalla pagina facebook di Tous Migrants

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