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Storica dichiarazione congiunta delle chiese scozzesi

Il documento, firmato dalla Chiesa di Scozia e dalla Chiesa Episcopale Scozzese, apre le porte a una cooperazione più profonda e a un ministero più condiviso

La Chiesa di Scozia (chiesa presbiteriana) e la Chiesa Episcopale Scozzese (confessione cristiana appartenente alla Comunione anglicana) hanno firmato una storica dichiarazione che apre le porte a una cooperazione più profonda e a un ministero più condiviso. La Dichiarazione di Sant’Andrea – che delinea una serie di riconoscimenti e impegni tra le due Chiese – è il risultato di conversazioni che hanno avuto luogo nel Gruppo di lavoro, La nostra chiamata comune.

L’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, riunitasi il mese scorso, ha accettato di firmare la Dichiarazione di Sant’Andrea, mentre la Chiesa episcopale scozzese ha dichiarato la stessa intenzione durante il Sinodo generale svoltosi a fine maggio.

Per centinaia di anni, le due Chiese hanno servito in tutta la Scozia come organismi separati, ma negli ultimi anni sono diventate sempre più vicine.

Sebbene non sia intesa come una fusione organizzativa, la dichiarazione vedrà le due Chiese «esplorare modi in cui possiamo lavorare meglio insieme come partner nel ministero e nella missione, per servire Cristo servendo il popolo scozzese».

L’auspicio è che la dichiarazione, che sarà formalmente firmata in un secondo momento, porti a nuove collaborazioni nelle diverse comunità, nonché a una maggiore collaborazione nella vita pubblica su questioni sociali, politiche ed etiche.

Il Rev. Canon John McLuckie, della Chiesa Episcopale Scozzese, ha detto: «Le nostre due Chiese sorelle sono invitate a lavorare insieme, unite in uno scopo comune. Questo passo non è una fusione organizzativa, ma un’organica e creativa cooperazione all’opera della missione di amore e riconciliazione di Dio nel mondo. Per alcuni, ciò potrebbe significare la condivisione di un edificio, per altri la condivisione della cura pastorale o il culto regolare insieme. Per molti, potrebbero essere progetti condivisi come banchi alimentari, iniziative congiunte di eco-comunità, gruppi di meditazione, messy church, studi biblici, corsi per persone che si avvicinano alla fede».

Il Rev. Sandy Horsburgh, della Chiesa di Scozia, ha aggiunto: «Stiamo vedendo sempre più chiaramente che abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Abbiamo bisogno del sostegno e delle preghiere reciproci. E grazie a questo bisogno, scopriamo che possiamo essere più efficaci quando lavoriamo insieme nel nostro ministero e nella missione».

Il Rev. Mark Strange, vescovo di Moray, Ross & Caithness e Primus della Chiesa Episcopale Scozzese, intervenendo al Sinodo generale, ha dichiarato: «Ho sentito sempre più persone dirmi che la loro fede non è confessionale, ma riguarda il luogo in cui incontrano Dio, dove si sentono amati, nutriti e rispettati per quello che sono. La Dichiarazione di Sant’Andrea non ignora le cose che sembrano renderci diversi gli uni dagli altri. Alcune di queste differenze dovranno essere elaborate o accettate come differenze che avremo sempre. Ma l’unità – ha ricordato Mark Strange – non è la stessa cosa dell’uniformità».

 

Nella foto: Lord Wallace, Moderatore della Chiesa di Scozia, con il Rev. Mark Strange, Primus della Chiesa episcopale scozzese (credits: Church of Scotland)

 

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