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Pronti a trasformarsi

Nella Chiesa evangelica riformata in Svizzera prosegue l’inchiesta contro l’ex-presidente Locher, e intanto si va verso una probabile successione al femminile, per la prima volta nella storia delle chiese protestanti elvetiche

È nata da meno di un anno ma la sua vita è stata da subito assai movimentata. La decisione presa dai rappresentanti delle chiese riformate elvetiche il 18 dicembre scorso, entrando in vigore il 1° gennaio di quest’anno, aveva portato alla nascita della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (Cers), che raccoglieva l’eredità della Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (Fces) proprio nel centenario della nascita di quest’ultima (sul sito Internet della Cers si trova una rubrica che ripercorre questa storia).

A metà giugno la nuova denominazione ha tenuto il suo primo Sinodo, nelle condizioni di emergenza che tutti conosciamo, ma ha dovuto affrontare nella primavera anche un’altra emergenza, le doppie dimissioni di un membro del Consiglio, la pastora Sabine Brändlin, e del presidente stesso, il pastore Gottfried Locher. Quest’ultimo è secondo in ordine di tempo, ma primo responsabile della crisi, per le accuse di abuso di potere e molestie sessuali, poi aggravate dall’emergere della relazione sentimentale con Brändlin (qui l’articolo di Gaëlle Courtens che approfondisce la questione).

Ora, nell’assemblea del 13 e 14 settembre, i delegati del Sinodo hanno nominato una commissione d’inchiesta ad hoc di sette membri per esaminare il delicato dossier (qui la notizia di Protestinfo), aggravatosi con l’aggiunta di altre testimonianze di donne sui comportamenti “spesso inadatti” dell’ex-presidente. Si tratta sempre, lo ricordiamo, di un’indagine interna in quanto non sono stati rilevati elementi rilevanti per la giustizia ordinaria, anche se parte del dossier è stato redatto da uno studio di avvocati; aspetto, quest’ultimo, che ha contribuito peraltro a un’altra voce “scomoda” della vicenda su cui sono stati chiesti chiarimenti, il suo impatto finanziario: si calcolano almeno 200.000 franchi in spese legali, di comunicazione e traduzione, ma ci sarebbe anche l’indennità di licenziamento dell’ex-presidente…

Tra i compiti di questa commissione, che riferirà al Sinodo di giugno 2021 e di cui fa parte tra gli altri Gabriella Allemann, presidente della Conferenza delle donne protestanti in Svizzera, coinvolta nelle discussioni intorno al movimento #MeToo, ci sarà il verificare se le accuse all’ex-presidente sono giustificate, ma anche se esistevano o meno delle misure di prevenzione di questo tipo di abusi, o se sono state messe in atto successivamente. E infine, se il Consiglio ha gestito in modo adeguato la questione.

Locher era già stato presidente della Fces e, al suo terzo mandato, aveva guidato il passaggio tra i due organismi. Già in occasione dell’ultima elezione, nel giugno 2018, erano emerse critiche per un libro-intervista e alcune sue affermazioni in cui esprimeva posizioni sessiste, e l’affermazione che troppe donne nella chiesa farebbero scappare gli uomini.

Se questo era il suo timore, e non semplicemente una battuta poco intelligente (peraltro presto seguita da scuse), il futuro potrebbe vederlo realizzarsi, in quanto a succedergli nella carica di presidente del Consiglio ci sono proprio due candidate donne (le candidature si chiudono ufficialmente il 19 settembre): la pastora zurighese Rita Famos, 54 anni già sfidante di Locher nella sua ultima elezione a presidente della Fces, direttrice del servizio di accompagnamento specializzato nella cura d’anime della Chiesa cantonale di Zurigo, e Isabelle Graesslé, 61 anni, pastora del cantone di Vaud e già direttrice del Museo internazionale della Riforma.

La risposta arriverà in occasione del prossimo Sinodo, convocato a Berna per il prossimo 1-3 novembre, e la speranza dei protestanti svizzeri è che contribuisca a ridare un po’ di fiducia e un po’ di credito a un’istituzione che non sembra essere partita con il piede giusto. Come ha dichiarato una delle due candidate, Isabelle Graesslé in un’intervista a Protestinfo (quil’originale), «in un mondo in profonda trasformazione, com’è stato nel XVI secolo, il protestantesimo deve ripensarsi […] occorre ripensare il protestantesimo dei prossimi dieci anni in una riflessione sull’epoca che stiamo vivendo. Bisogna riprendere ciò su cui si basa, interrogandosi su che cosa mantiene, su ciò a cui rinuncia, ciò che relega a memoria, si appropria e riutilizza. Questo richiede delle trasformazioni e delle rinunce – e non tutti sono pronti a farlo».

Foto: il Sinodo del 13-14 settembre scorsi (Cers - Nadja Rauscher)

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