Per fare un frutto ci vuole un seme (di qualità)
06 luglio 2020
In tempo di pandemia i leader delle chiese africane ricordano che se gli agricoltori usassero semi di qualità si potrebbe sconfiggere l’insicurezza alimentare
«Mentre le Nazioni africane iniziano ad aprire le loro attività dopo mesi di chiusure dettate dal contrasto al coronavirus, i leader delle chiese e gli esperti di agricoltura stanno sottolineando la necessità di poter ottenere un’immediata fornitura di semi di qualità da poter consegnare agli agricoltori; e questo, per poter fornire loro gli unici strumenti fondamentali per affrontare la prevista crisi alimentare, ormai alle porte», a ricordarlo è Fredrick Nzwili, giornalista indipendente con sede a Nairobi, in Kenya, con il suo articolo pubblicato sul sito del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec).
Alcuni paesi del Continente si trovano ad affrontare, oltre alle malattie causate dal Covid-19, anche una terribile tragedia, quella della fame (per la carenza di generi alimentari) dopo che i governi hanno imposto le rigorose misure anti-contagio, tra i quali i blocchi, il coprifuoco e le quarantene: «Tra le ripercussioni c’è stata anche – ricorda Nzwili – l’interruzione della produzione della catena alimentare, compresa la fornitura e la distribuzione di semi agli agricoltori».
Secondo i funzionari, scrive Nzwili «consegnare semi agli agricoltori anche su piccola scala – ma nell’immediato – a breve e lungo termine, potrebbe garantire una produzione di cibo utile e garantire a molte Regioni di mettersi al riparo dall’insicurezza alimentare».
E questo, perché «esiste un legame concreto tra la sicurezza alimentare e la qualità dei semi a cui gli agricoltori possono avere accesso», ha affermato il dottor Fidon Mwombeki, pastore luterano in Tanzania e segretario generale della Conferenza delle Chiese dell’Africa.
«C’è però una questione che non può essere sottovalutata, ossia, capire se l’origine dei semi, dunque, se questi siano effettivamente “nuovi” oppure tradizionali. Diverse ricerche sono in atto per determinare quali semi siano resistenti ai cambiamenti climatici e ai parassiti. Le chiese dovrebbero far valutare queste differenze».
I ricercatori, infatti, indicano che i semi ben selezionati, se trattati per la siccità e la resistenza alle malattie «maturano prima e producono raccolti elevati. A volte raddoppiando addirittura i raccolti», ricorda ancora l’articolo.
Il Continente consuma principalmente legumi e cereali tra cui fagioli, mais e riso. Ma per la maggior parte degli agricoltori rurali del Continente, i semi di qualità non sono disponibili, e dove i negozi li immagazzinano il costo è proibitivo. In assenza di semi di qualità, gli agricoltori piantano ciò che hanno a disposizione.
«Abbiamo chiesto una distribuzione efficace e migliore di semi di qualità. Quelli piantati dagli agricoltori sono solitamente di bassa qualità, quindi la maggior parte di questi produce raccolti mediocri. Migliorare la semina è una questione urgente, se dobbiamo migliorare i raccolti», ha affermato il vescovo anglicano in pensione Julius Kalu di Mombasa, che attualmente lavora con gli agricoltori della diocesi da lui guidata.
«Gli agricoltori – ha concluso il vescovo – devono anche affrontare costi proibitivi. Un’attività quella agricola che per la maggior parte è sostenuta dalle donne».
Nicta Lubaale, la segretaria generale dell’Organizzazione delle Chiese africane ha affermato che «oltre alla questione dei semi è importante guardare a ciò che gli agricoltori dovrebbero produrre. Le chiese stanno approfondendo proprio questa specificità. Stanno “insegnando” agli agricoltori a effettuare selezioni mirate delle sementi aiutandoli nella produzione e monitorandone la resa», ha affermato, infine, Lubaale.
Chiese membro del Cec in Africa