L'aiuto ai migranti irregolari rimane un reato in Svizzera
06 marzo 2020
Bocciata la proposta che proponeva di depenalizzare il sostegno a stranieri in difficoltà per semplici fini umanitari. Il caso del pastore riformato Norbert Valley
Aiutare i migranti rimane un crimine in Svizzera. Il 4 marzo il Consiglio nazionale elvetico ha votato contro (102 voti contro 89) la proposta di modifica dell’articolo 116 della legge federale sugli stranieri avanzata da Lisa Mazzone, parlamentare del Partito ecologista svizzero.
L’articolo attualmente recita: «è punito con una pena detentiva sino a un anno o con una pena pecuniaria chiunque soggiorna in Svizzera o all’estero, facilita o aiuta a preparare l’entrata, la partenza o il soggiorno illegali di uno straniero»; l’iniziativa chiedeva di aggiungere un comma per evidenziare la non punibilità di coloro che aiutano i migranti privi di documenti per «motivi onorevoli».
Nelle motivazioni della richiesta di modifica, il testo della senatrice Mazzone recita fra l’altro che «Nel 2017 si contano in Svizzera 1175 condannati per incitazione all'entrata, alla partenza o al soggiorno illegali di uno straniero. Per ammissione dello stesso legislatore, l'articolo 116 mirava inizialmente a combattere la criminalità operata dai passatori. La legge federale concernente la dimora e il domicilio conteneva infatti una disposizione secondo la quale prestare aiuto non era punibile in certe situazioni se i motivi erano onorevoli. Questa disposizione è scomparsa nel 2008 quando la legge federale è stata sostituita dalla nuova norma.
Pertanto, nel suo tenore attuale, l'articolo 116 incoraggia la non assistenza e provoca la criminalizzazione in Svizzera di persone che agiscono per motivi puramente umanitari. Questa criminalizzazione è contraria al diritto internazionale, il quale esige dagli Stati che proteggano le persone o le associazioni attive nella protezione dei diritti umani. Secondo il protocollo addizionale contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti, entrato in vigore nel 2006, deve essere perseguito penalmente chiunque tragga un vantaggio finanziario o materiale dal traffico di migranti ma non un membro della famiglia o di gruppi non statali o religiosi che aiutano i migranti a entrare in uno Stato in modo illegale per ragioni umanitarie o a scopo non lucrativo.
In diversi Paesi europei vigono disposizioni legali che proteggono le persone che favoriscono l'entrata, il soggiorno o la partenza illegali di stranieri se lo fanno per motivi umanitari o senza scopo di lucro. In Francia il Consiglio costituzionale, competente per verificare la conformità delle leggi alla Costituzione, ha affermato all'inizio di luglio 2019 che un aiuto disinteressato al soggiorno irregolare di stranieri non può essere considerato illegale e ha invitato dunque il legislatore a modificare talune leggi. Anche in Svizzera l'articolo 116 deve essere modificato per non criminalizzare più le persone che prestano aiuto se l'atto è disinteressato e queste persone non ne traggono alcun profitto personale».
Come riporta il sito swissinfo.ch «la Svizzera è particolarmente severa con le persone che aiutano i migranti privi di documenti, come rivela un’indagine condotta da Amnesty International in otto paesi europei (Svizzera, Croazia, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Spagna, Italia, Malta). Nel 2018 972 persone sono state per aver violato l'articolo 116 della legge sugli stranieri.
La stragrande maggioranza di queste condanne non concernevano passeur o trafficanti di esseri umani (32 casi sono stati considerati "aggravati"), ma cittadini che avevano prestato aiuto per pura solidarietà. Amnesty fa l'esempio di Anni Lanz, punita per aver riportato in Svizzera dall'Italia un richiedente l’asilo malato, costretto a dormire per strada. O di Valérie, una richiedente l’asilo che ha accolto un amico in situazione irregolare e a cui è stata inflitta una multa e l'iscrizione nel suo casellario giudiziale».
Tra le vittime di questa legge c’è anche il pastore Norbert Valley, che fra un paio di settimane affronterà l’udienza al tribunale di Neuchâtel, a cui ha fatto ricorso dopo la condanna nel 2018 per avere «favorito il soggiorno illegale di un cittadino togolese offrendogli in più occasioni vitto e alloggio». Valley aveva prestato assistenza a un membro della comunità cui era appena stata respinta la domanda di asilo, e che quindi si trovava in una situazione molto difficile, e si è dichiarato disposto ad appellarsi fino alla Corte europea dei diritti umani.
A partire dalla condanna del pastore, la società civile e la politica si sono mobilitate per abrogare l’articolo 116. Con esiti nefasti come abbiamo visto.