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«Non sapevo proprio come fare per non finire come loro»

Un programma della Chiesa episcopale statunitense in Guatemala fornisce educazione sessuale agli e alle adolescenti nella periferia degradata della capitale

Matrimoni e gravidanze precoci, Aids, aborto, violenze sessuali. Il tema della salute riproduttiva nel mondo si intreccia con retaggi sociali, culturali e religiosi talvolta difficili da conciliare con l’idea che anche le giovani donne e le ragazzine abbiano diritto di scegliere e di dire “no”. Quando poi questi aspetti si intrecciano con la povertà economica e la mancanza di prospettive, il risultato è devastante.

Le chiese si interrogano e lavorano su questi temi: di recente abbiamo pubblicato l’articolo dell’agenzia stampa Nev sul seminario tenutosi a Johannesburg, che ha riunito esponenti di varie confessioni religiose.

Un’altra chiesa coinvolta in questo percorso è la Chiesa episcopale statunitense, che attraverso l’organizzazione Guatemala Youth Initiative, fondata da alcuni suoi membri soprattutto dello Stato della Virginia, ha intrapreso un percorso per formare le (e gli) adolescenti sul tema sessuale in Guatemala.

Questo paese centroamericano, oltre a essere il decimo stato di provenienza degli immigrati negli Usa, ha uno dei tassi più alti di gravidanze tra i 15 a i 19 anni, il 9,2% (secondo dati delle Nazioni Unite) nell’America Latina, che è la seconda area a livello mondiale, come sottolinea un rapporto del 2018 del Pan American Health Organization (Paho), dell’Unicef e del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa). Il rapporto punta il dito sull’abbandono scolastico, sulle violenze sessuali, sulla carenza di supporto alle vittime di stupro e su leggi restrittive riguardo all’aborto, sottolineando anche il ruolo che i giovani uomini potrebbero (dovrebbero!) avere nel tutelare la salute delle ragazze.

Occorre (non sono i soli a dirlo) un cambiamento nella mentalità da parte di istituzioni, famiglie e scuola, nell’atteggiamento verso la sessualità e in particolare verso l’educazione alla sessualità: «La mancanza di informazioni e l’accesso limitato a un’adeguata educazione sessuale e ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva sono direttamente collegati alle gravidanze precoci», sottolinea Esteban Caballero, direttore regionale dell’Unfpa, nell’articolo dell’agenzia Reuters che presenta il rapporto. Queste ultime molto spesso non sono il risultato di una scelta consapevole ma di una relazione abusante, sottolinea Caballero, e costituiscono, insieme alle complicazioni del parto, una delle principali cause di morte per le adolescenti in America Latina.

Proprio per cercare di cambiare questa situazione è nata nel 2013 la Guatemala Youth Initiative, che opera nelle baraccopoli vicine all’enorme discarica di Guatemala City, la più grande del Centro America con 10.000 lavoratori e in continua espansione. Intere famiglie, da generazioni (la discarica è stata aperta negli anni Cinquanta) vivono e lavorano qui, in un contesto di estremo degrado. Qui circa la metà delle ragazze diventa madre in età adolescenziale.

L’organizzazione offre laboratori di educazione sessuale nelle scuole, formazione di giovani che diventano loro stessi educatori (una forma di educazione tra pari ancora più efficace), e facilita l’accesso ai servizi di pianificazione familiare, teoricamente offerti dal sistema sanitario ma difficilmente raggiungibili, soprattutto in questa periferia degradata.

Oltre alle difficoltà oggettive, l’organizzazione deve scontrarsi con radicati tabù come quello dei contraccettivi, ossia la convinzione che una maggiore disponibilità incentivi il sesso fra i giovanissimi, come testimonia all’Episcopal News Service uno dei fondatori della Guatemala Youth Initiative, Greg Lowden: così, nonostante la disponibilità di contraccettivi, le modalità di accedervi sono così difficoltose da essere scoraggianti. E gli adolescenti, sesso lo fanno lo stesso, ma con meno protezioni.

L’iniziativa episcopale si rivolge anche alle giovani mamme, con corsi di genitorialità e supporto nella ricerca di un lavoro e di una maggiore indipendenza, per superare lo stigma e l’isolamento che spesso le colpiscono. Per rompere quel circolo vizioso che condanna le ragazze due volte a una vita senza prospettive.

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