
Donne in dialogo
17 aprile 2019
Un viaggio sull’altra sponda del Mediterraneo per incontrare varie realtà marocchine, fra tradizione, solidarietà ed empowerment femminile
Il viaggio di incontro culturale in Marocco «Donne in dialogo tra le due sponde del Mediterraneo»(23-31 marzo) ha riunito un gruppo interreligioso formato da: Giuseppina Bagnato, pastora della Chiesa valdese di Rimini, Raffaella Sutter, sociologa, per oltre 30 anni dirigente del Comune di Ravenna, esperta in politiche sociali e di sviluppo di comunità, politiche di genere e cooperazione internazionale,Latifa Boumamol dell’associazione Tamkin – Donne Marocchine in Italia, Marisa Iannucci, islamologa, dell’associazione di donne musulmane Life Onlus, e altre donne, suore, insegnanti, operatrici in servizi sociosanitari. Molti gli incontri: Centro studi per la famiglia di Casablanca, associazioni che si occupano di donne con disagio e marginalità sociale, donne parlamentari ed esponenti dei partiti PJD (di ispirazione islamica, al governo) e Istiklal (partito nazionalista, all’opposizione), Istituto femminile Aysha Umm al mu’minim di scienze coraniche, donne teologhe, predicatrici e lettrici del Corano. Abbiamo chiesto alla professoressa Sutter e alla pastora Bagnato di raccontarci questa esperienza.
Qui di seguito l'articolo di Raffaella Sutter.
Il viaggio è stata un’occasione di riflessione sulla condizione delle donne e sull’organizzazione sociale in Marocco. Il Paese ha avviato un graduale processo verso la parità di genere, l’eliminazione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle donne nel 2004, con l’adozione del nuovo Codice della Famiglia, che porta a 18 anni l’età per contrarre matrimonio, abolisce l’obbligo di un tutore per la donna, introduce il divorzio giudiziario, la comunione dei beni, e limita la poligamia. Èopinione diffusa, tuttavia, che la riforma non abbia introdotto diritti a favore delle donne che non siano già oggetto di tutela da parte dell’Islam e che anche se alcuni limiti alla parità sono stati giuridicamente rimossi poco è cambiato a causa di un tessuto sociale fortemente radicato nella tradizione, soprattutto nelle aree rurali. Del 2018 è l’entrata in vigore della legge 103-13 contro la violenza di genere, che estende il concetto di violenza agli atti di aggressione, al matrimonio forzato, alle molestie sul lavoro e via sms o foto, allo sfruttamento sessuale, agli abusi, e inasprisce le pene; resta tuttavia ancora difficile perseguire la violenza domestica.
Le associazioni incontrate, che si occupano di donne in stato di disagio e marginalità, oltre a occuparsi di vedove e orfani con l’obiettivo di favorire l’empowerment delle donne tramite formazione e lavoro e mantenere i minori nel proprio nucleo familiare, si occupano anche di donne divorziate, di giovani madri con figli nati fuori dal matrimonio (molto stigmatizzate nella società marocchina) e di donne che hanno subito violenza. In particolare, molto efficaci sono le modalità di intervento sia dell’Associazione As-salam di Casablanca che dell’Associazione Karama di Tangeri che offrono opportunità di formazione e lavoro in diversi settori (ristorazione, cucito) a madri single e a donne che hanno subito violenza; Karama (Dignità) garantisce anche ospitalità residenziale e una scuola materna per i figli delle ospiti, aperta anche ad altri bambini, e gestisce una pasticceria.
Impegno politico, sociale, teologico e femminista sono strettamente connessi e caratterizzano il protagonismo delle donne incontrate.La religione è motore dell’azione sociale, come afferma Khadija Moufid docente di filosofia del pensiero islamico all’Università di Rabat, fondatrice del Centro studi della famiglia di Casablanca e dell’Associazione al Hidn (il cui obiettivo è il sostegno alle famiglie) e che svolge anche un importante ruolo formativo presso le comunità della diaspora marocchina in Italia e in Spagna. La religione motore dell’azione sociale ispira l’organizzazione della società civile e le forme di assistenza portate avanti dall’associazionismo in un quadro di sussidiarietà con lo Stato; modalità questa in cui si declina oggi la zakāt (uno dei 5 pilastri dell’Islam), destinazione di una parte dei propri averi, in forma di aiuto solidale, alle categorie più svantaggiate della società islamica, specialmente i poveri, gli orfani e le vedove. Molte delle associazioni incontrate infatti si sostengono quasi totalmente con le donazioni di benefattori che intervengono in favore di orfani e vedove; una delle associazioni incontrate a Tangeri, Association Aid et Secours (Associazione riconosciuta di pubblica utilità) ha un dipartimento specifico che si occupa di raccolta fondi dei donatori e di abbinare singoli orfani a specifici donatori.
Foto di Valentina Servidio