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Le chiese investono in agricoltura

Rappresentanti delle chiese africane della United Methodist Church si sono riuniti per la prima volta per discutere su uno sfruttamento dei terreni più proficuo

L’agricoltura può diventare una risorsa anche per le chiese. Ne sono convinti i membri africani della United Methodist Church, che dal 13 al 16 gennaio si sono ritrovati a Johannesburg per il primo incontro del Board of Global Ministries e del Comitato di sostegno della Umc dedicato appunto al futuro dell’agricoltura nel contesto delle chiese della Umc nel continente africano. Si è trattato del primo incontro di questo genere, in cui erano rappresentati tutti i paesi in cui la Umc è in missione: un’ottantina di persone fra missionari, agronomi, gestori di fattorie, e sei vescovi (provenienti dalla Sierra Leone, Angola, Congo, Nigeria, Mozambico).
L’incontro è nato dall’esigenza di trovare nuovi modi per un uso produttivo delle terre di proprietà delle chiese, in una modalità sostenibile per l’ambiente ed economicamente vantaggiosa. Non si tratta ovviamente di una questione di interesse solo per la Umc, e s’intreccia con problemi di rilevanza sovranazionale quali i conflitti armati e le migrazioni.
Nella definizione delle priorità per lo sviluppo dei paesi africani, insieme alla salute e all’istruzione, l’agricoltura è considerata uno dei nodi principali, considerando che possiede il 65% della superficie coltivabile mondiale attualmente non utilizzata.
E le chiese non sono da meno. Infatti, come ha osservato Gaspar Domingos, vescovo angolano, spesso le chiese possiedono vasti appezzamenti, che però restano inutilizzati perché mancano le competenze, i macchinari e le risorse per coltivarli. Nella sua diocesi Domingos ha chiesto al Global Ministries di inviare un missionario, per creare un centro di formazione per agricoltori in cui diffondere le conoscenze sulle tecniche di semina, di raccolto e altre attività connesse all’agricoltura. Come ha concluso il vescovo, «dobbiamo sapere che l’agricoltura è fondamentale per lo sviluppo dell’Africa. Sono grato che la chiesa abbia finalmente raccolto questa visione e questa vocazione a risvegliarsi e affrontare il problema».
Insomma: è tempo di investire in un tipo di agricoltura diverso da quello generalmente praticato in Africa, trasformarla dall’attuale livello di sussistenza a uno economicamente più consistente, che garantisca l’indipendenza economica (attualmente queste chiese dipendono ancora molto dal sostegno dei partner internazionali), seguendo le esperienze già avviate dalla Umc in Costa d’Avorio, Liberia, Repubblica democratica del Congo e Zimbabwe.
Uno dei problemi maggiori, ha rilevato un altro vescovo, Kasap Owan, rappresentante del Congo, è che spesso quando i missionari se ne vanno, i progetti falliscono. Ecco perché è importante investire nella formazione universitaria, convincendo i giovani a superare le loro resistenze, infatti «non vogliono andare a scuola per studiare l’agricoltura», ha commentato Owan.
Si tratta di un processo lungo, in alcuni contesti è stato avviato due o tre decenni fa e sta portando ora i suoi frutti ora: ma come dice il detto, se vuoi fare progetti per un anno semina il grano, se vuoi farli per decenni pianta alberi, ma se fai progetti per la vita educa le persone.

Foto: Wikimedia

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