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In Spagna no del governo a rendere il 31 ottobre festa nazionale

Si ad accordi regionali, ma no ad un accordo nazionale. Numeri in crescita per gli evangelical nel paese iberico

Il Governo spagnolo ha respinto una richiesta volta a fare del 31 ottobre, giorno che convenzionalmente segna l’avvio della Riforma Protestante, una ricorrenza festiva.

La sollecitazione era giunta nel 2017, cinquecentesimo anniversario della Riforma, per iniziativa della Federazione delle Entità evangeliche religiose in Spagna (Ferede). A farsi latore della proposta all’esecutivo è stato il senatore Carles Mulet.

Nella risposta giunta nei giorni scorsi il governo ha fatto riferimento all’Accordo giuridico presente fra il paese iberico e il Vaticano, che fra le varie misure, stabilisce che altre festività religiose oltre quelle già riconosciute (e oltre le domeniche) devono venire stabilite di comune accordo fra Madrid e la Santa sede. Gli accordi stabiliscono che sono in numero di sette le festività cristiane stabilite, tre delle quali (il giovedì che procede la Pasqua, il 6 gennaio e il 19 marzo, giorno di San Giuseppe) possono venire sostituite dalle comunità regionali autonome con proprie ricorrenze. Il 15 agosto, il primo novembre, l’8 dicembre e il venerdì che precede la Pasqua possono a loro volta essere eventualmente sostituite da altre ricorrenze, ma solo a seguito di un’informativa da inviare a Roma. «Per questo sarebbe necessario raggiungere un ampio consenso sociale su una simile iniziativa, dal momento che le festività ora in vigore sono legate a celebrazioni tradizionali che non investono soltanto la sfera religiosa, ma anche quella storica e sociale, e per questo dovrebbero essere oggetto di attente valutazioni» ha comunicato l’esecutivo.

In aggiunta il testo stilato dal governo rimanda alle singole autonomie regionali la valutazione se le «festività religiose di altre denominazioni abbiano un minimo di radici sociali che possano giustificare la sostituzione di quelle esistenti, essendo quello locale l’ambito più adatto per valutare simili decisioni». A tal proposito si fa riferimento al caso di Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole su suolo marocchino, in cui dal 2010 si celebra ufficialmente anche la Festa del sacrificio, la più importante nel panorama musulmano. Certo questa è una eccezione, soprattutto geografica, essendo le due città fisicamente in Africa, a stretto contatto con una realtà differente da quella in suolo iberico.

Una chiusura sostanziale che fa affermare al senatore Mulet che «In Spagna esiste una sola religione, quella cattolica».

In realtà l’esecutivo ricorda che «esistono già accordi di cooperazione con le religioni minoritarie protestanti, ebraica e islamica che prevedono la possibilità di festeggiare le proprie ricorrenze e dettagliano caso per caso quali giorni possano essere sostituiti». Accordi regionali, non nazionali.

Per tutto questo, il governo afferma che la Spagna ha regole che proteggono i credenti di ogni confessione, il che «implica un significativo grado di riconoscimento dell'esercizio del diritto alla libertà religiosa, permettendo di conciliare tradizioni fortemente radicate nella nostra società con il rispetto per la libertà religiosa di questi credenti». I numeri dei protestanti sono in crescita esponenziale in Spagna. Si tratta per lo più di chiese pentecostali che crescono ad un ritmo di circa 80 nuovi luoghi di culto all’anno. Che ora reclamano una maggiore attenzione, in un paese di profonda tradizione cattolica.

Foto: Iglesia de Cristo en Madrid, tempio della Chiesa evangelica spagnola
 
 
 
 

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