I diritti sono miei e me li gestisco io…
21 novembre 2018
Un referendum in Svizzera propone ai cittadini una «iniziativa per l’autodeterminazione», per fare prevalere il diritto svizzero su quello internazionale. Timori della società civile e delle chiese per un’ennesima spinta sovranista
Nelle strade di Zurigo, un uomo distribuisce volantini dal suo stand e presenta ai passanti i vantaggi di una «polizza assicurativa sui diritti umani» al prezzo di lancio di 999 franchi svizzeri al mese (circa 880 euro). Qualcuno ci crede, molti sono perplessi, quasi tutti sollevati quando scoprono che si tratta di una provocazione. Ma il sollievo non è totale, perché non si è così lontani dal vero, secondo i proponenti dell’iniziativa, quando si dice che la tutela dei diritti umani in Svizzera rischia di non essere più universale e potrebbe, letteralmente o no, «costare loro molto cara».
L’iniziativa arriva dalla Eper (Entraide protestante suisse), la diaconia delle chiese protestanti svizzere che fa capo alla Feps (Fédération des Églises protestantes de Suisse). L’idea è sensibilizzare con il “finto stand” la popolazione elvetica in vista del referendum popolare che si terrà la prossima domenica 25 novembre, proposto dal partito della destra conservatrice (Udc, Unione democratica di centro).
Parole chiave di questa «iniziativa per l’autodeterminazione», come è stata chiamata, sono quelle che ultimamente sentiamo spesso anche in Italia: padroni a casa nostra, basta con la sudditanza all’Europa, ecc. In breve, il referendum chiede agli svizzeri di pronunciarsi a favore o contro la prevalenza del diritto svizzero su quello internazionale.
Un primo sondaggio, effettuato su mandato della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR nella prima metà di ottobre, mostrava una prevalenza dei no, ma i giochi sono ancora aperti. Spiccava in quel contesto la Svizzera italiana, in cui i pareri erano divisi esattamente a metà tra il sì e il no.
I promotori del referendum «Il diritto svizzero anziché giudici stranieri» affermano che spetta al popolo elvetico decidere quali leggi devono essere in vigore nel suo territorio, e che i diritti umani e il diritto internazionale cogente sono già sanciti tramite la Costituzione federale.
Sul fronte del no, i timori maggiori riguardano le ripercussioni sulle relazioni politiche internazionali (numerosi trattati dovrebbero essere ridiscussi) e le possibili conseguenze economiche (la Svizzera potrebbe cominciare a essere vista come un partner non più affidabile).
L’iniziativa dell’Udc, che vuole porre fine alla supremazia dei «giudici stranieri» sancendo che la Costituzione federale sia la fonte suprema del diritto svizzero, metterebbe in discussione l’applicazione della Convenzione europea dei diritti umani: è l’allarme lanciato da vari soggetti, civili e religiosi, tra cui appunto la Feps, ma anche la Conferenza episcopale svizzera e la Chiesa cristiano-cattolica della Svizzera. Fin dal 2015, quando l’Udc aveva avviato la raccolta firme per l’iniziativa, queste chiese si erano pronunciate attraverso un appello congiunto, in difesa dei diritti umani, ricordando le conseguenze nefaste della loro violazione (i cui esempi sono sotto gli occhi di tutti).
Indipendentemente dall’esito della votazione (per la quale persino il Consiglio federale ha consigliato il “no”), è preoccupante notare anche qui la diffusione di spinte sovraniste, con un ennesimo caso in cui si vuole sancire una separazione tra interessi individuali e collettivi, il rifiuto dell’idea di Europa, basato sulla convinzione che la Corte europea dei diritti dell’uomo è formata da «giudici stranieri».