Giubileo della Riforma, un bilancio con Margot Kässmann
13 novembre 2017
L’intervista di Paolo Tognina per Voce Evangelica all’ ambasciatrice del giubileo della Riforma per conto della Chiesa evangelica in Germania
La Germania ha celebrato con innumerevoli manifestazioni il 500° anniversario dell'inizio della Riforma protestante. Momenti molto importanti sono stati il Kirchentag, svoltosi a maggio a Berlino e Wittenberg - con la partecipazione di esponenti del mondo ecclesiastico e politico, e la presenza di Angela Merkel e Barack Obama -, e la grande esposizione della Riforma organizzata a Wittenberg nel corso dell'estate. Ma in tutto il Paese, fino al termine del 2017, si sono succedute le commemorazioni. Un bilancio del giubileo protestante con Margot Kässmann, ambasciatrice della Riforma della chiesa evangelica in Germania.
In Germania le celebrazioni per il cinquecentesimo della Riforma sono costate 250 milioni di euro. I fondi sono stati versati dallo Stato, dalle chiese regionali, dalle parrocchie. Una spesa giustificata?
Penso che quel denaro sia stato investito bene. La Riforma è stata celebrata dalle chiese - in chiave ecclesiastica, teologica, di fede -, ma non solo. La Riforma ha segnato tutta la società e ha cambiato il nostro Paese e perciò è stata ricordata anche dalle chiese come una delle radici della nostra società. Le celebrazioni sono state quindi un'occasione per capire quale sia oggi il significato della Riforma.
Anche in Germania si fa strada una forte secolarizzazione, un numero crescente di persone si distanzia dalla fede cristiana. Che seguito hanno avuto le manifestazioni per il giubileo della Riforma? A chi interessa ancora la religione, oggi?
In Germania due terzi della popolazione fa parte di una chiesa cristiana. Potrebbero facilmente uscire dalla chiesa, ma non lo fanno. E riconoscono che la fede è una componente importante della loro vita. Quest'estate ho trascorso sedici settimane a Wittenberg e ho avuto modo di discutere con molta gente sul senso della fede cristiana per il nostro Paese, il mondo nel quale viviamo, la nostra chiesa. Sono stati incontri appassionanti che hanno coinvolto persone di molti Paesi diversi: il giubileo non è stato un evento solo tedesco, ma è stato celebrato anche da africani, asiatici, americani, che hanno festeggiato e discusso con noi portando un grande arricchimento.
Grandi manifestazioni come il Kirchentag, che attira centinaia di migliaia di persone, o come gli eventi dell'anno della Riforma, lasciano delle tracce? Che cosa rimane dopo che i riflettori si sono spenti?
Ogni tanto nella vita occorre fare una festa. Non celebriamo Natale tutti i giorni - non sarebbe possibile festeggiare Natale ogni giorno, ci stancheremmo presto -, ma ogni tanto fa bene fare una festa. Ci incoraggia per affrontare le fatiche quotidiane. Ecco, le celebrazioni per i cinquecento anni della Riforma sono state una festa. Sappiamo quanto possa essere difficile la vita quotidiana nelle parrocchie, quando ci si ritrova in pochi, quando il culto è poco frequentato - e questo capita soprattutto nella Germania orientale, dove i cristiani sono ridotti in minoranza. Avessimo organizzato le manifestazioni a Monaco, o a Hannover, sarebbe stato molto più facile, ma credo che sia stato importante, per i cristiani nella Germania orientale, potersi mostrare pubblicamente, e affermare così di avere un compito da svolgere nella società.
Quali impulsi ha dato il giubileo della Riforma, in Germania?
Il giubileo ci ha incoraggiati a leggere la Bibbia - abbiamo pubblicato una versione riveduta della Bibbia di Lutero che ha avuto un grande successo commerciale -, la gente ha riscoperto il piacere di leggere da sé le narrazioni bibliche e abbiamo constatato che la Bibbia è anche un grande patrimonio culturale. Abbiamo inoltre imparato che la chiesa ha una dimensione sovranazionale, e questo è importante in un'epoca come la nostra, nella quale si affermano partiti che esaltano il popolo e vorrebbero rinchiuderci nei confini nazionali. Come cristiani affermiamo di essere "popolo di Dio", oltre i confini delle nazioni, e questo lo abbiamo vissuto nel quadro delle celebrazioni del giubileo. E infine abbiamo capito che la nostra identità cristiana non si definisce sottolineando ciò che ci divide da altri cristiani, ma possiamo dire che ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide - senza per questo rinunciare alla nostra diversità, che può essere intesa come un arricchimento per tutti.
Quali sfide rimangono aperte per le chiese protestanti, oltre il 2017?
Una delle grandi sfide consiste nel saperci esprimere in un linguaggio comprensibile. A volte utilizziamo un linguaggio che ci fa apparire estranei alla società nella quale viviamo. Da questo punto di vista, Lutero può davvero essere preso a modello. Quando tradusse la Bibbia, infatti, cercò di utilizzare una lingua che fosse il più simile possibile a quella parlata dal popolo. Insomma, bisogna parlare della fede in modo tale da far capire alle persone che si tratta di un discorso che ci riguarda da vicino, nella nostra vita quotidiana.