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Lo scorso 19 ottobre si sono tenute a Roma le celebrazioni per i 50 anni della Commissione internazionale di dialogo tra metodisti e cattolico-romani. La giornata ha previsto un’udienza in Vaticano, un incontro al Centro Pro Unione sui risultati e le prospettive del dialogo tra le due confessioni, e un culto ecumenico presso l’Oratorio San Francesco Saverio (Caravita). Della delegazione metodista presente a Roma, ha fatto parte Gillian Kingston, vice presidente del Consiglio metodista mondiale, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.

Oggi si celebrano i 50 anni di dialogo internazionale tra metodisti e cattolici. Qual è l’importanza di questa giornata?

«La cosa importante è che il dialogo esista. 50 anni fa, sulla scia del Concilio Vaticano II, era una cosa del tutto nuovo e ancora oggi rimane importante. Per noi metodisti, è ancora più importante perché spesso siamo presenti in contesti in cui rispetto alla chiesa cattolica siamo minoranza. Credo che ad aiutare il dialogo abbia contribuito il fatto che non ci sia maia mai stata una frattura diretta tra cattolici e metodisti. Quella frattura storicamente si è consumata nel 1500 tra cattolici e anglicani, mentre alcuni secoli, in Gran Bretagna, dopo i metodisti si sono separati dalla chiesa anglicana. Non c’è mai stato un evento storico che abbia direttamente diviso metodisti e cattolici. Questo ci ha aiutato a concentrarci da subito semplicemente sugli elementi di fede che abbiamo in comune».

Quali sono i risultati più significativi di questo dialogo?

«Uno dei risultati più rilevanti è che cinquant’anni dopo ancora continua! E continua perché c’è ancora molto lavoro. Come si dice nel mio paese, l’Irlanda: “molte cose fatte, molte di più da fare”! Negli anni il dialogo tra metodisti e cattolici ha sgombrato molti ostacoli che esistevano tra le due confessioni cristiane, mettendo in evidenza ciò che esse hanno in comune. Abbiamo scoperto, per esempio, quanto sia centrale per metodisti e cattolici la nozione di santità che infatti, in molti dei documenti redatti dalla Commissione cattolico-metodista, è stata un concetto chiave».

Questa mattina siete stati in Vaticano e avete incontrato papa Francesco. Cosa può dirci di questo incontro?

«E’ stato un incontro molto significativo. Non era la prima volta che la Commissione veniva ricevuta da un papa, però l’occasione dei 50 anni di dialogo, una sorta di “nozze d’oro”, ha reso l’udienza particolarmente significativa. Francesco ha riconosciuto il lavoro svolto dalla Commissione in tutti questi anni. Ha anche sottolineato come “la fede diventi tangibile quando si esprime in forme di amore concreto, specialmente verso gli ultimi e i poveri”. Questo è certamente un concetto che metodisti e cattolici non solo condividono, ma vivono concretamente in progetti comuni».

Lei è stata una delle due relatrici principali delle celebrazioni del Cinquantenario. Che cosa ha sottolineato nel suo discorso?

«Prima di tutto ho espresso riconoscenza per i 50 anni di fedele lavoro svolto da tutti coloro impegnati nel dialogo. Tuttavia, ho sottolineato come il lavoro della Commissione di dialogo sia troppo poco conosciuto a livello di base, dai semplici credenti, ma anche da sacerdoti e pastori, cattolici e metodisti. E’ come se ci fosse un soffitto di vetro che separa il lavoro dei teologi e ciò che ogni domenica viene detto dai pulpiti e udito tra le panche delle parrocchie cattoliche e delle chiese metodiste. Dobbiamo farci carico non solo dell’elaborazione ma anche della ricezione del lavoro svolto. Dobbiamo chiederci: com’è ricevuto in Messico, o in Irlanda, o in Italia o In Nuova Zelanda? E’ una questione che dobbiamo affrontare».

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