Alla fine del mese scorso è stato approvato il disegno di legge a tutela dei piccoli comuni, ovvero quelli che contano meno di 5.000 abitanti e che rappresentano quasi il 70% dei comuni italiani, occupando il 54% del territorio nazionale, per una popolazione totale di 11 milioni. Il disegno di legge è stato approvato in Senato alla fine di settembre con 205 voti favorevoli e soltanto due astenuti, dimostrando trasversalmente agli schieramenti politici l’interesse per il tema. Elaborato per contrastare il progressivo spopolamento dei piccoli borghi, il disegno tenta di far fronte a un fenomeno che, dal 1970, ha visto per quasi la metà di questi comuni un calo degli abitanti che si aggira intorno al 20%. Una tendenza che ora si cerca di arginare con politiche volte allo sviluppo economico sostenibile e, in generale, con incentivi a una crescita dal punto di vista sociale, culturale e ambientale.
«Questa legge – spiega Marco Bussone, vice presidente dell’Uncem, l’Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti montani – fissa un principio del tutto nuovo nella storia della Repubblica italiana, ovvero che i piccoli comuni sono un pezzo portante della Repubblica stessa. Non era mai successo e, da oggi, possiamo dire che si sia aperta una nuova pagina». La dotazione finanziaria prevede lo stanziamento di 10 milioni di euro per l’anno corrente e 15 milioni ogni anno dal 2018 al 2023. Sono fondi che serviranno a riqualificare i centri storici, istituire centri multifunzionali per i servizi, portare la banda ultralarga e promuovere dei mercati di prodotti locali. «Alcuni amministratori hanno lamentato una dotazione finanziaria troppo limitata per incidere realmente sullo sviluppo di questi territori – sottolinea Bussone – ma penso che questo debba essere visto come un primo passo di un percorso: il disegno di legge rappresenta una base su cui incrementare risorse e pressione politica».
Tra i criteri che determinano la ripartizione dei fondi, la legge individua una priorità per i comuni in aree con dissesto idrogeologico, con decremento della popolazione residente, con disagio insediativo e inadeguatezza dei servizi sociali essenziali. Inoltre, come spiega Bussone, «i fondi non saranno erogati “a pioggia” su tutti comuni inferiori ai 5.000 abitanti, ma sarà compito delle singole amministrazioni elaborare progetti in grado di intercettare le risorse: un banco di prova importante per poi richiedere ulteriori finanziamenti». A tre mesi di distanza dall’entrata in vigore della legge, i comuni potranno presentare i loro progetti e accedere ai bandi pubblici, avendo inoltre la precedenza nell’accesso di finanziamenti per la banda larga. Il disegno di legge va a intrecciarsi con altri due provvedimenti che, nel complesso, segnano un rilancio nella visione dei piccoli borghi e del loro ruolo nel complesso del paese. «Da un lato c’è la Strategia Aree Interne, volta a contrastare la caduta demografica e rilanciare lo sviluppo e i servizi e finanziata attraverso fondi comunitari e fondi ordinari della Legge di Stabilità. Dall’altro abbiamo la legge sulla green economy, che fissa un altro principio importante: il nostro paese può ripartire dai territori montani sfruttandone le risorse naturali per fare sviluppo e generare benessere».