«È Ricœur che mi ha spinto a fare politica»: questa sorprendente dichiarazione era stata fatta nel 20151 da Emmanuel Macron, allora ministro dell’Economia nel governo Valls, sotto la presidenza Hollande. Eletto presidente della Repubblica francese, questa e altre dichiarazioni sull’influenza del filosofo protestante francese Paul Ricœur (del quale cliccando qui trovate una scheda biografica) sono state ovviamente riprese.
Ma come si è realizzato l’incontro Ricœur - Macron? Non stupirebbe certo che un brillantissimo studente universitario – quale Macron è stato – potesse aver «divorato» a 20 anni qualche volume di uno dei maîtres à penser più brillanti nella Francia della seconda metà del XX secolo. E invece no! È stato in un certo senso il filosofo protestante, nel 2000, a cercare Macron. Ormai 87enne, avendo perduto da poco la moglie, Ricœur stava finendo di scrivere uno dei suoi libri più interessanti, L’histoire, la mémoire et l’oubli, ma il lavoro andava a rilento. Il filosofo pensa allora di farsi aiutare da uno studente per rileggere il testo e soprattutto per controllare le note d’apparato. Si rivolge allo storico François Dosse, che gli segnala uno dei suoi dottorandi. «Abbiamo visto arrivare un giovane charmant, sorridente e molto disponibile. È stato come se un raggio di sole fosse entrato in casa» ricorda Catherine Goldstein, amica intima della famiglia Ricœur, responsabile oggi degli archivi Ricœur presso la Facoltà protestante di Teologia a Parigi2.
Macron varca dunque la soglia di casa di Ricœur a Châtenay-Malabry, quella stessa porta a cui aveva bussato il «nostro» Mario Miegge nel 1962, per incontrare per la prima volta il filosofo protestante3. Pur confessando la sua completa ignoranza dell’opera di Ricœur, il futuro presidente della République si mette al lavoro e rapidamente – non limitandosi al ruolo di correttore di bozze – inizia ad annotare il testo di Ricœur dandogli consigli sulla sostanza stessa del suo pensiero: «Definire più precisamente il concetto di cronosofia» (p. 24), oppure «non si potrebbe citare, a proposito dell’evento (événement) Paul Veyne ed il suo discorso inaugurale al Collège de France?» (p. 35); o ancora «Finale molto bello» (p. 41), oppure «Da rifare. Precisare fin dall’inizio che lei sta presentando delle ipotesi» (inizio cap. 2).
Nicolas Truong, in un lungo articolo su Le Monde4 sottolinea come ben presto nasca quasi una simbiosi tra il vecchio saggio e il giovane dottorando, che subisce il fascino di Ricœur : «Sono come un bambino affascinato, all’uscita di un concerto, che martirizza il suo piano per farne uscire qualche nota; a forza di leggerla, di seguirla nell’analisi, ho la voglia, l’entusiasmo di lanciarmi».
Ma se cosi stanno le cose, è possibile oggi cogliere la «forte impronta» – secondo François Dosse – di Ricœur in Macron? Qui il discorso si fa complesso e meriterebbe una riflessione più articolata. Citerò tuttavia tre esempi significativi di tale influenza, finora emersa nei discorsi pubblici di Macron. 1) La sua visione sull’«uomo capace» (discorso del 16 novembre 2016, quando Macron annunciò la sua candidatura alla presidenza), che secondo Dosse discende dal pensiero Ricœur iano dell’«uomo fallibile»: che però non per questo deve rimanere immobile, ma secondo le sue potenzialità deve «realizzare i suoi talenti»; 2) Il discorso tenuto ad Algeri, quando Macron ha definito «crimine contro l’umanità» la colonizzazione francese, suscitando vivissime reazioni a destra. Secondo Truong questa stigmatizzazione è una diretta filiazione del libro La memoria, la storia, l’oblio, dove Ricœur sostiene la posizione della «giusta memoria» affermando: «Sono turbato dall’inquietante spettacolo che offrono il troppo di memoria qui, il troppo di oblio altrove, per non parlare dell’influenza delle commemorazioni e degli abusi di memoria e di oblio». 3) Il sintagma «en même temps» (al tempo stesso) che Macron utilizza sovente nei suoi discorsi. Secondo Olivier Abel, professore alla parigina Facoltà protestante di Teologia, esso esprime il pensiero «tensivo» tipicamente Ricœur iano, che «porta gli opposti, non per conciliare l’inconciliabile, ma per una tensione feconda, affinché ciascuno corregga l’altro dei suoi eccessi»5. Certo, aggiunge Abel, il programma di Emmanuel Macron manca per il momento di un po’ di utopia. Macron verrà rapidamente circondato, come tutti gli uomini potenti da molti adulatori. Avrà bisogno – conclude Abel – «nella sua seconda cerchia, quella degli amici veri, di chi sappia ricordargli questo granello di utopia».