La comunità luterana della chiesa di San Giovanni, Johanniskirche,nel centrale quartiere di Moabit a Berlino, ha scelto di affittare parte dei locali degli ampi edifici che compongono il complesso, per garantirsi una rendita da spazi non più utilizzati.
Il 16 giugno in quei locali è stata inaugurata una moschea. Una moschea con una precisa indole liberale, che ne fa al momento un caso unico in tutta la Germania. Al suo interno sono abolite infatti divisioni e conseguenti ghettizzazioni. Donne e uomini pregano insieme, fianco a fianco, non in spazi separati, e stesso discorso vale per i sunniti, gli sciiti, gli aleviti, tutti invitati e tutti presenti, gomito a gomito. Compresi alcuni rappresentanti del panorama Lgbt, a partire da uno dei due imam chiamati a condurre la preghiera inaugurale: Ludovic-Mohamed Zahed, attivista per i diritti dei gay e fondatore di una moschea con principi analoghi a Marsiglia. Gli unici esclusi? Le donne con niqab e burqa; in questa moschea intitolata a Goethe e al grande matematico e filosofo arabo andaluso del XII secolo, Ibn Rushd, si entra a capo scoperto.
Gli altri 80 edifici religiosi islamici presenti nella capitale tedesca a dire il vero non hanno visto di buon occhio il progetto di questo pugno di fedeli, guidato da una donna, l’avvocata Seyra Ates, di origini turche, nota per le sue battaglie femministe che l’hanno spesso esposta a critiche da parte degli stessi fedeli musulmani. Per questo ci si è rivolti altrove, alla comunità protestante, che non ha trovato invece particolarmente complicato adattare parte dei propri spazi.
L’altro imam che, sotto gli sguardi degli invitati ospiti delle comunità cristiane e ebraiche locali, ha condotto i fedeli alla preghiera è una donna, altra rarità; si tratta dell’americo-malaisiana Ani Zonneveld.
Quando nei mesi scorsi è divenuta di pubblico dominio la notizia della nascita di una moschea con simili caratteristiche, per di più in spazi di una comunità cristiana, manifestanti nazionalisti tedeschi hanno eretto una fila di croci attorno allo stabile in segno di protesta.
Mal di pancia bipartisan quindi, per quello che può rappresentare invece un modello perl’islam europeo, alle prese con pericolosi ripiegamenti su se stesso.
Intervistata dal quotidiano tedesco “Der Spiegel” Seyan Ates ha affermato che questo vuol essere «un segnale contro il terrore islamista e le interpretazioni dei testi sacri in chiave di pura cieca violenza ed esclusione dell’altro. Eravamo stufi di veder bloccata la nostra visione di un Islam moderato da parte delle altre comunità cittadine, da altri fedeli come noi».
All’esterno della chiesa di San Giovanni la presenza della polizia è discreta ma tangibile. Non si sono registrate particolari tensioni, ma l’allerta è alta.
Curiosamente il villaggio di Moabit, oggi quartiere di Berlino, venne fondato nel 1716 da ugonotti francesi in fuga dalle persecuzioni. Nella loro nazione l’abolizione dell’Editto di Nantes li rese clandestini e nemici in patria. Da qui la fuga verso i Paesi Bassi, la Svizzera, l’Inghilterra ma soprattutto la Prussia del calvinista Federico Guglielmo I, il re sergente.