Lo scorso martedì 18 aprile, in diretta tv nazionale, la candidata alle presidenziali francesi Marine Le Pen ha risposto a una domanda del giornalista Gilles Bouleau suscitando la reazione, tra gli altri, della Federazione protestante di Francia (ne abbiamo parlato qui).
Non stupisce più di tanto che la presidente del partito di estrema destra Front National abbia risposto che Richelieu è l’uomo politico che in questo momento è il suo modello e fonte d’ispirazione, quanto piuttosto la visione del personaggio, «promotore di uno Stato moderno, che ha rifiutato giustamente che una religione avesse la precedenza sulla Francia».
Alla timida replica di Gilles Bouleau che il cardinale «non è stato amichevole con i protestanti…», Le Pen ha prontamente replicato: «Che cosa vuole, forse erano i protestanti che avevano delle esigenze che all’epoca andavano contro la nazione…». E queste sono state le parole a scatenare la reazione dei protestanti francesi.
La visione di un Richelieu garante dell’equilibrio fra le religioni nell’interesse della nazione stride con il ritratto storico del cardinale che nel Seicento condusse la repressione contro i protestanti. Episodio cruciale e simbolico dello scontro sanguinoso fra cattolici e protestanti (uno scontro peraltro non semplicemente religioso, ma politico), fu l’assedio durato 14 mesi (tra il 1627 e il 1628) della cittadina di La Rochelle. Vera e propria roccaforte protestante, l’ultima a cadere sotto i cannoni di Luigi XIII, era stata il centro nevralgico del protestantesimo ugonotto dai tempi in cui Enrico IV aveva emanato l’Editto di Nantes nel 1598, garantendo ai protestanti della città e di determinate zone del regno i diritti di culto, civili e politici, e ponendo in questo modo fine a una guerra trentennale che aveva opposto le due confessioni.
Certo non si trattava di una situazione egualitaria, i protestanti continuavano a essere discriminati (ad esempio dovevano continuare a pagare la decima alla chiesa cattolica, e le chiese dovevano essere presenti anche laddove non esistevano più cattolici, mentre ovviamente non valeva il contrario), ma si trattava comunque di un passo in avanti in termini di «tolleranza».
E poi comparve sulla scena politica il duca di Richelieu, consigliere dei regnanti (la reggente Maria de Medici, moglie di Enrico IV, e poi il figlio Luigi XIII) e abile manovratore della politica interna ed estera francese, fortemente motivato nel voler estirpare il «partito ugonotto», un ostacolo all’affermazione del potere assoluto del re.
La Rochelle fu l’atto conclusivo della tragedia: dei suoi circa 27.000 abitanti (era all’epoca la terza città di Francia), 22.000 perirono tra battaglie, carestie e fame. La Rochelle perse tutti i suoi privilegi, la sua indipendenza e il ruolo di potenza marittima e militare che aveva avuto per quasi trent’anni.
Intanto si compiva un fondamentale passo in avanti per l’accentramento del potere nelle mani del re, che avrebbe avuto il suo apogeo con Luigi XIV. Lo stesso che portò alla revoca definitiva (dopo anni di progressiva «erosione») dell’Editto di Nantes nel 1685 e alla ripresa delle persecuzioni contro i protestanti, molti dei quali furono costretti a emigrare in Germania, Svizzera, Inghilterra e Paesi Bassi e nelle colonie nordamericane di queste ultime.
Se questo è il precedente cui la signora Le Pen si richiama, non c’è da stare tranquilli.