Negli Usa il progetto di una moschea divide la popolazione
10 marzo 2017
Vietata la costruzione per motivi urbanistici, una motivazione che ricorda da vicino le recenti leggi “anti moschea” in Lombardia e in Veneto
Un progetto per la costruzione di una moschea nella cittadina di Bayonne, nel New Jersey, ha spaccato in due la popolazione. Al culmine di mesi di discussioni e dibattiti dai toni spesso tempestosi lunedì 6 marzo l’amministrazione comunale ha messo la parola fine, per ora, alla questione. Opponendo il proprio rifiuto all’apertura di un luogo di culto per la comunità islamica della città, 65 mila abitanti a una trentina di chilometri dal centro di New York.
Per pregare, al momento, e per un po’ di tempo ancora dunque, i fedeli musulmani devono scendere nella angusta cantina di una vecchia scuola cattolica, affittata a questo scopo da alcuni anni. Per questo era nato il desiderio di dotarsi di un luogo di culto alla luce del sole, per ovviare anche al senso di precarietà e clandestinità che le sistemazioni di fortuna spesso trasmettono.
Speranza vana: la commissione – indipendente – responsabile della pianificazione urbanistica ha posto il veto all’edificazione, al termine di cinque ore di assemblea pubblica, caratterizzata da toni esasperati conditi da una buona dose di insulti. La richiesta haricevuto 4 voti favorevoli e 3 contrari, ma era necessario raggiungere un minimo di 5 voti. Da qui lo stop.
Sono stati due anni di battaglie, specchio delle tensioni crescenti che da est a ovest scuotono gli Stati Uniti. Durante la campagna elettorale il nome del neo presidente Trump accompagnato da una serie di insulti all’Islam aveva fatto comparsa sui muri del locale di preghiera.
All’apertura dell’ultima sessione di incontri, lunedì 6 marzo per l’appunto, nell’auditorium di un liceo locale, una dozzina di fedeli musulmani pregava in un angolo in silenzio, mentre un gruppo di bianchi cristiani recitava ad alta voce il Padre Nostro, in piedi sulle sedie, in una plastica dimostrazione delle distanze fra le parti in causa.
Sono iniziate quindi le domande e sono iniziati in contemporanea le aspre discussioni.
Invano il presidente della commissione ha minacciato a più riprese di allontanare gli elementi più esagitati.
Accusati di atteggiamenti discriminatori, gli oppositori al progetto nella loro maggioranza hanno assicurato di non aver altro scopo che preservare la tranquillità del quartiere, in quanto la moschea dovrebbe nascere in una strada stretta, senza uscita, con difficoltà quindi di circolazione. Altri hanno lamentato l’impossibilità di controllare il numero di ingressi, con il rischio di superare i limiti di legge.
Nella votazione decisivo si è rivelata la scelta del presidente della commissione che si è pronuciato per il no, garantendo che ciò nulla aveva a che vedere con questioni religiose, ma solo con necessità urbanistiche.
Sul sito web del Comune è la mancanza di posti per i parcheggi la motivazione offerta per il diniego. Questioni tecniche che molto ricordano quanto stanno legiferando in questi mesi alcune nostre regioni, dalla Lombardia al Veneto, adducendo bizantinismi e cavilli per cammuffare precise volontà politiche che non si ha il coraggio di chiamare con il proprio nome.
Il primo cittadino Jimmy Davis si è rallegrato per la decisione, anche a suo dire svincolata da ragionamenti razziali o religiosi, ricordando la pacifica convivenza di tutte le etnie e i movimenti religiosi in città.
Sarà, ma intanto i fedeli islamici attendono ancora una legittimizzazione ufficiale. Prosimo passo sarà il ricorso, ma certo l’aria tesa che si respirava nell’auditorium non fa presagire un futuro a tinte pastello.