Le autorità egiziane non proteggono i cristiani copti
07 marzo 2017
È la denuncia di Amnesty International che in un comunicato chiede protezione per la comunità cristiana perseguitata
Il governo egiziano ha «fallito» nel proteggere i cristiani copti in fuga dall’Isis: è la denuncia di Amnesty International (AI) che in un comunicato chiede alle autorità egiziane di offrire protezione alla comunità di fede perseguitata e di fare di più per assistere gli sfollati.
Negli ultimi tre mesi circa 40 cristiani copti sono morti per mano dell’Isis e centinaia sono fuggiti da El-Arish nel Nord Sinai, Egitto.
Secondo Amnesty, il governo non è stato capace neanche di perseguire i responsabili degli attacchi contro i cristiani, ricorrendo invece ad accordi di riconciliazione che, a volte, hanno consentito lo sgombero forzato delle famiglie cristiane dalle loro case.
Il vescovo Angaelos, capo della chiesa copta nel Regno Unito, ha detto che ai cristiani copti della zona è stato sostanzialmente detto di «fuggire o morire». La maggior parte degli sfollati hanno trovato rifugio nella Governatorato di Ismailia, grazie alla mobilitazione di chiese e altri gruppi della zona.
Najia Bounaim, vice direttore di Amnesty per le campagne a Tunisi, ha detto: «Questa terrificante ondata di attacchi ha visto i cristiani copti nel Nord Sinai braccati e uccisi da gruppi armati. Nessuno dovrebbe subire discriminazioni – per non parlare di attacchi violenti e mortali – a motivo della propria fede».
Nel mese di dicembre, l’Isis ha rivendicato la responsabilità dell’attentato ad una chiesa copta del Cairo dove sono morte 27 persone. Nelle ultime settimane, inoltre, il gruppo jihadista ha pubblicato un video di incitamento alla violenza contro la comunità della «infedele» fede cristiana. Dal 30 gennaio, infine, sette persone sono state assassinate da militanti nel nord dell’Egitto.
«Il governo ha il chiaro dovere di garantire a tutti coloro che sono stati costretti a lasciare le loro case a causa di violenze e persecuzioni l’accesso sicuro ad un alloggio, al cibo, all’acqua e ai servizi sanitari», ha aggiunto Bounaim. «Le autorità egiziane devono garantire che coloro che sono fuggiti siano reinsediati in abitazioni sicure, abbiano accesso adeguato alle necessità di base e abbiano la possibilità di proseguire gli studi e il lavoro».
Amnesty sostiene che gli attacchi contro i copti ortodossi – che rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana a maggioranza musulmana – sono aumentati da quando il presidente Mohamed Morsi è stato estromesso nel luglio 2013. Secondo l’organizzazione internazionale i governi egiziani successivi non sono riusciti a gestire la discriminazione contro i copti, l’aumento dei casi di violenza settaria, assicurando i responsabili di crimini alla giustizia».