Rose Nathike Lokonyen, una rifugiata ai Giochi olimpici
10 agosto 2016
L’atleta del Sud Sudan ha studiato presso una delle scuole del campo profughi di Kakuma, gestite dalla Federazione luterana mondiale
Fino a un anno fa, Rose Nathike Lokonyen, 23 anni, non sapeva di avere un talento speciale. Fuggita dalla guerra in Sud Sudan quando aveva solo dieci anni, oggi Rose si trova a Rio de Janeiro, Brasile, per partecipare ai Giochi Olimpici 2016.
Il 3 giugno scorso, il Comitato Olimpico Internazionale annunciò ufficialmente la partecipazione per la prima volta nella storia dei Giochi di una squadra formata da 10 rifugiati di diverse nazionalità. Il team comprende: due nuotatori siriani, due judoka provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, un maratoneta etiope e cinque mezzofondisti dal Sud Sudan. Rose Nathike Lokonyen è una di loro.
Nel 2002 Rose, con i suoi genitori e tre fratelli più piccoli, giunge al campo profughi di Kakuma (Kenia), che ospita circa 180.000 rifugiati, per lo più provenienti dal Sud Sudan. In quel campo la Federazione luterana mondiale (Flm), insieme all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), gestisce le scuole e la protezione dei rifugiati. È proprio in una di queste scuole che Rose studia e scopre il suo talento.
Un insegnante la incoraggia a partecipare ad una corsa nell’ambito di un concorso scolastico. «Non mi ero mai allenata. Era la prima volta che correvo, e sono arrivata seconda», ricorda Rose.
Nel 2014 Rose presenta all’ufficio giovani della Flm, la sua richiesta di un posto di lavoro e viene assunta nello staff del Dipartimento giovanile della Federazione, come formatrice delle ragazze.
In un momento in cui circa 59,5 milioni di persone sono costrette ad abbandonare le loro case per sfuggire da conflitti e persecuzioni, l’iniziativa del Comitato Olimpico Internazionale di avere una squadra formata da rifugiati vuole attirare l’attenzione di tutto il mondo sulla gravità della crisi dei migranti. Dal canto loro, i 10 rifugiati sperano di dare al mondo un assaggio della loro resilienza e del talento inespresso.
«La loro partecipazione alle Olimpiadi è un omaggio al coraggio e alla perseveranza di tutti i rifugiati nel superare le avversità e nel costruire un futuro migliore per se stessi e le loro famiglie», ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Rose, che da Kakuma si è allenata in un campo vicino alla capitale del Kenya, Nairobi, parteciperà agli 800 metri alle Olimpiadi. «Sono molto felice, lavorerò sodo e dimostrerò il mio valore», ha detto Rose che ha aggiunto di correre per il suo popolo in Sud Sudan e per la pace in Africa.
«Cosa voglio raggiungere a Rio? Vincere, vincere, vincere... ma soprattutto fare del mio meglio in modo da aiutare molte ragazze che hanno talento, ma poche opportunità. Rappresenterò la mia gente a Rio, e magari, se ho successo, farò una gara che potrà promuovere la pace, e unire le persone».
Rose ha ringraziato la Flm, l’Acnur e la Tegla Lorupe Fondation per l’opportunità di partecipare ai Giochi olimpici.
Fonte: Flm