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Brexit: “Non è il risultato in cui avevamo sperato”

Le prime valutazioni sul referendum della Chiesa di Scozia, l’unica denominazione protestante in Gran Bretagna ad essersi apertamente schierata per la permanenza nell’Unione europea

«Il referendum di giovedì scorso ha visto prevalere con una minima maggioranza l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Non è questo il risultato nel quale la Chiesa di Scozia aveva sperato». Sono le parole con cui il moderatore della Chiesa di Scozia, pastore Russell Barr, ha commentato l’esito della consultazione sulla Brexit, nella quale i presbiteriani scozzesi, diversamente dalle altre denominazioni protestanti del Regno, si erano schierati nettamente a favore della permanenza nella UE. Una posizione ribadita lo scorso maggio nell’Assemblea generale della chiesa, sostenuta coerentemente negli ultimi 20 anni da analoghe affermazioni ufficiali e in piena sintonia con la popolazione scozzese che ha votato in larga maggioranza per il «Remain».

«Credo che molte persone rimpiangeranno di aver preso questa decisione», ha commentato il pastore Richard Frazer, responsabile del dipartimento Chiesa e società della Chiesa di Scozia, in un comunicato rilasciato lo scorso 24 giugno. «Tuttavia, questa è la decisione democratica delle persone che vivono nel Regno Unito e dobbiamo onorarla. Anche se, il fatto che da noi la maggioranza abbia votato diversamente, pone inevitabilmente delle domande sul futuro della Scozia nel Regno Unito». Nella sua dichiarazione, Frazer ha voluto sottolineare la natura internazionalista della chiesa, la sua consapevolezza di appartenere ad una comunità mondiale. «Una consapevolezza cresciuta negli ultimi anni davanti alle sfide della povertà globale, del degrado ambientale e della catastrofe dei profughi che richiedono risposte comuni e internazionali. La mia sensazione è che questo voto sia contro lo spirito della cooperazione internazionale. Coloro che hanno fatto campagna per l’uscita dalla UE hanno raramente posto al centro della riflessione le questioni che per la Chiesa di Scozia sono cruciali. E’ davvero difficile pensare che questo voto possa esprima solidarietà verso paesi come la Grecia, colpita da gravi problemi economici e gravata dall’impatto maggiore della crisi dei rifugiati».

Anche il Consiglio per le relazioni internazionali dei presbiteriani scozzesi è stato coinvolto nel dopo referendum. «Abbiamo sentito il bisogno di rassicurare i nostri partner internazionali sul fatto che il risultato non mette in discussione le importanti relazioni che intercorrono tra la nostra chiesa e le chiese del continente – relazioni che rimangono per noi preziose e vitali», ha spiegato il pastore Ian Alexander, segretario del dipartimento degli affari internazionali, presentando una lettera firmata dal moderatore Barr e inviata a tutte le chiese sorelle e ai partner ecumenici europei. Nella lettera Barr afferma come la chiesa di Scozia sia «ben consapevole dei benefici ricevuti dai cristiani europei e di tutto il mondo che sono venuti a vivere, lavorare e rendere lode a Dio nel nostro Paese. La nostra determinazione è di continuare a impegnarci nel lavoro comune con le chiese europee, sia bilateralmente sia nelle sedi ecumeniche multilaterali».

Immagine: via http://www.churchofscotland.org.uk/

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