Concilio ortodosso: aperto, ma manca la Chiesa russa
21 giugno 2016
In discussione cinque questioni cruciali, tra cui la missione dell'ortodossia nel mondo
Dopo più di un millennio di attesa, e con una preparazione prossima di 55 anni, domenica 19 giugno – Pentecoste, secondo il calendario giuliano – si è aperto a Creta il “Santo e Grande Concilio” della Chiesa ortodossa, presenti però solo dieci delle quattordici Chiese autocefale, e tra le assenti vi è quella russa che, da sola, rappresenta quasi i due terzi dei duecento milioni di ortodossi sparsi nel mondo.
Sotto la presidenza del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, “primus inter pares” tra i gerarchi ortodossi, ad Heraklion, la “capitale” di Creta, nella cattedrale di san Menas, domenica è stata celebrata una solennissima liturgia, durata quattro ore, per invocare l’assistenza dello Spirito santo sui lavori del Concilio che, con quella cerimonia, iniziava.
In concreto, i lavori dell’Assemblea – alla quale partecipano circa trecento vescovi di dieci Chiese – sono iniziati ieri all’Accademia ortodossa di Kolymbari, un centro situato in riva al mare ad una trentina di chilometri da Chania, la più importante città di Creta occidentale.
Introducendo il dibattito, Bartolomeo ha detto: «Dobbiamo preservare l’unità, dato che la Chiesa ortodossa è una e non costituisce una federazione di Chiese». Il patriarca ha quindi espresso profondo “dispiacere” per l’assenza di Chiese che pure «avevano firmato un accordo scritto assicurando la loro partecipazione al Concilio».
Gli ortodossi riconoscono “ecumenici” i primi sette Concili, dal Nicea I del 325 al Nicea II del 787; dopo la reciproca scomunica del 1054 con Roma non avevano più celebrato un Concilio con la presenza di tutte le Chiese ortodosse, ma solo alcuni Concili con la partecipazione di alcune. Ma nel 1961, con la Conferenza di Rodi, avevano deciso di avviare la preparazione di un “Concilio panortodosso”, cioè con la partecipazione di tutte le loro Chiese. Dopo decenni di discussioni e di difficoltà, nel marzo del 2014, a Istanbul, i gerarchi ortodossi avevano deciso che il Concilio si sarebbe celebrato, a Istanbul, nel 2016.
Ma, dopo che il 24 novembre scorso i turchi abbatterono un aereo russo (volava nello spazio aereo turco, secondo Ankara; una tesi sempre smentita da Mosca) il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha di fatto impedito ai russi di recarsi in Turchia. Perciò la sede del Concilio è stata spostata a Creta, territorio greco ma ecclesiasticamente dipendente da Costantinopoli.
Da gennaio la preparazione immediata del Concilio proseguiva normalmente, ma agli inizi di giugno, i patriarcati di Georgia, Bulgaria e Antiochia (Damasco) hanno detto che, per vari motivi, non avrebbero partecipato. In particolare il patriarcato di Antiochia è in stato di scisma con quello di Gerusalemme per una disputa sulla giurisdizione degli ortodossi che vivono nel Qatar. Perciò, per non incontrare il patriarca della Città santa, il suo titolare, Johannes X, non verrà a Creta.
In tale contesto, il patriarcato di Mosca lunedì 13 ha annunciato che non avrebbe partecipato al Concilio. Una decisione che – dato il peso di Mosca – rischiava di annullare tutto. Ma, insieme a Bartolomeo, i capi di altre nove Chiese ortodosse hanno ribadito la loro volontà di celebrare, tuttavia, l’atteso “Santo e Grande Concilio”, rivendicando comunque la sua legittimità.
L’Assemblea concluderà i suoi lavori domenica prossima. Essa deve discutere di cinque temi (tra essi, la missione dell’Ortodossia nel mondo) e, inoltre, approvare un messaggio finale che, forse, affronterà il “che fare” rispetto alla Chiese che a Creta non sono venute.