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«È possibile? Sì!»

Riflessioni del pastore TenClay sul seminario sull’immigrazione organizzato dalla United Methodist Church

In questi giorni è legittimo chiedersi se è possibile accogliere gente da tutta Europa (o anche più, da tutto il mondo) per conversazioni intelligenti, rispettose e pratiche sulla realtà dell’immigrazione. É possibile per leader provenienti da Germania, Inghilterra, Italia, Ghana, Grecia, Russia, Zimbabwe ed originari anche di altri paesi nelle americhe Africa ed Asia, riunirsi in una stanza e parlare – sostanzialmente – sulle benedizioni e le difficoltà di un mondo dove la migranza è la «nuova normalità?»

Nel regno della politica sembra di no. Ma nella Chiesa possiamo dire un risonante «sì» !

Infatti più di 60 leader dalle Chiese metodiste in Europa, hanno fatto esattamente questo dal 24 al 28 gennaio in Braunfels, Germania.

Il seminario «Leadership Training Seminar for International Congregations in Europe» (patrocinato dall’«International Council della Umc - United Methodist Church) era focalizzato particolamente sui temi generali della missione ed evangelizzazione, ma specificamente su come si affrontano le difficoltà della migrazione (sia quella «economica» sia quella dei profughi che fuggono da guerre e persecuzioni) per assicurare che la giustizia, l’amore, e l’accettazione di Dio diventano realtà sempre più concreta nelle nostre chiese e, attraverso la Chiesa, nel resto del mondo – per i cristiani, ma ugualmente anche per persone di diverse fedi e senza religione.

Dall’Italia siamo partiti in quattro : Alessandra Trotta (presidente dell’Opcemi, le opere metodiste in Italia), Richard Kofi-Ampofo (membro del board Opcemi), Nora Thompson (membro della chiesa valdese di Verona) e Tim TenClay (pastore della chiesa metodista e valdese a Palermo La Noce e della chiesa valdese di Trapani/Marsala). Non è una cosa incidentale che i participanti «italiani» siano nati in Italia, Ghana, e Stati Uniti ma lavorino e vivano tutti in Italia.

Per quattro giorni i partecipanti al seminario hanno condiviso le loro «best practices» successi, difficoltà, ed esperienze. Hanno studiato le differenze tra le diverse generazioni di migranti (prima, 1.5, seconda, terza) e le complicazioni che si affrontano quando ci sono differenze significative non solo linguisticamente, ma anche tra le culture d’origine e le culture di arrivo; ed hanno condiviso le risorse disponibili dai mondi biblici, ecclesiali e politici per la pacificazione, la conciliazione ed il vivere insieme (dentro la Chiesa e fuori). Hanno dimostrato che è possibile essere insieme (mangiare, parlare, domire, lodare Dio, studiare, giocare, ecc.) non solo «nonostante» le differenze, ma in parte «a causa» delle differenze – differenze che possono essere fonte di problemi ma anche fonte di creatività, forza ed ingegnosità.

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