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I rifugiati di Losanna non trovano pace

I sei migranti hanno occupato un anno fa gli spazi della chiesa Saint-Laurent in segno di protesta contro il previsto re-invio in Italia

Non conosce fine la vicenda dei sei migranti che giunti in Svizzera vogliono evitare ad ogni costo il rimpatrio in Italia, secondo quanto previsto dai dettami del trattato di Dublino. La denuncia delle autorità cantonali della chiesa riformata del cantone del Vaud (Eerv) contro il “Collectif R”, che da quasi un anno occupa i locali della chiesa Saint-Laurent di Losanna, è stato giudicato irricevibile. Al contempo il Consiglio di chiesa insiste nel chiedere al collettivo di lasciare gli spazi occupati. Il tribunale ha stabilito che il consiglio sinodale della Chiesa riformata del Vaud non è legittimato a chiedere l’espulsione dei migranti che bivaccano negli spazi del concistoro, e che vogliono evitare l’espulsione dal paese e il rinvio in Italia, nazione di sbarco in Europa dei sei ragazzi.

La legge sulle relazioni fra stato e chiesa in Svizzera riconosce come luoghi appartenenti al pubblico demanio gli edifici religiosi; questi vengono dati in concessione alle varie confessioni. La chiesa di Saint-Laurent è quindi proprietà pubblica. La norma prevede inoltre che tutti gli utilizzi degli spazi concessi per attività differenti da quelle di culto vadano autorizzate dal consiglio di parrocchia e dalle autorità municipali e non da altri organi quali in questo caso il consiglio sinodale che non deve avere invece voce in capitolo. Da qui il no al ricorso che allunga ancora i tempi e le incertezze sul futuro dei migranti ospiti del gruppo di volontari che sta dando loro concreti aiuti. Il Consiglio parrocchiale ha comunque sollecitato anch’esso gli ospiti affinché si impegnino a lasciare liberi gli spazi, seppur non accompagnando la richiesta con alcuna azione legale. La data ultima dovrebbe essere quella di Pasqua. Da un lato vi sono le legittime speranze di un gruppo di giovani che cercava in Europa un’ancora di salvezza dagli orrori delle guerre africane, e dall’altro le altrettanto ovvie richieste dei membri di chiesa di poter nuovamente usufruire di spazi che venivano utilizzati per attività varie. Sullo sfondo poi vi sono le accuse di strumentalizzazione delle tragedie dei migranti che vengono mosse nei confronti del collettivo, manovre da cui la chiesa, impegnata tramite le proprie azioni di diaconia in azioni di accoglienza, vuole tenersi alla larga. Nel mentre i mesi passano e la situazione dei 6 ragazzi si fa sempre più pesante, nonostante una forte partecipazione collettiva della cittadinanza alle loro vicende. Il rischio di veder la domanda di soggiorno rigettata persiste comunque. Una gatta da pelare per il governo elvetico, dibattuto fra le chiusure delle frontiere e questioni umanitarie quali quelle in corso nella chiesa di Saint-Laurent.

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