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Australia: le chiese contro il governo

È netta la posizione delle chiese australiane contro la decisione del governo Turnbull di “deportare” i richiedenti asilo sulle isole della Micronesia 

I richiedenti asilo e i “migranti economici” non esistono soltanto nel Mediterraneo. Il mare nostrum è infatti solamente una delle frontiere sfidate dalla forza della disperazione: vicende simili a quelle che quotidianamente occupano i nostri giornali si verificano al confine fra Stati Uniti e Messico, o sulle acque oceaniche che dividono l'Australia dall'Asia sud-orientale.

Anche nell’altro emisfero, in tema d’immigrazione diritti e ragion di Stato, etica e politica rischiano di viaggiare su due binari paralleli, polarizzando il dibattito pubblico su due alternative antitetiche, indisponibili all’incontro.

È quello che accade in Australia, dove il governo del liberale Malcolm Bligh Turnbull – insediatosi lo scorso settembre – ha dichiarato di apprestarsi a “ricollocare” 260 richiedenti asilo (tra cui 37 bambini) nel mezzo del Pacifico: sull’isola di Nauru, uno degli stati insulari della Micronesia su cui è installato un imponente campo d’accoglienza destinato agli immigrati clandestini. La notizia non avrebbe fatto il giro del mondo se, in tutta risposta, le chiese cristiane d’Australia, cattoliche e anglicane, non avessero cercato un’alternativa. La dichiarazione congiunta delle congregazioni è arrivata a seguito della decisione dell’Alta Corte nazionale che ha avvallato la legittimità della soluzione individuata dal governo australiano.

Il primate anglicano Peter Catt, portavoce della “protesta”, ha dichiarato che la cattedrale cattolica di Brisbane e altre chiese in via di individuazione si renderanno disponibili ad ospitare le persone “condannate a Nauru”. L’idea, estremamente pratica, è quella di recuperare l’antico accezione di santuario, inteso appunto come rifugio per i richiedenti asilo. Se le autorità statali «decidessero di entrare con la forza nei luoghi di culto per portare via i nostri ospiti sarebbe una mossa legale», tuttavia, specifica Catt, speranzoso, «si tratta di una questione morale, e non farebbe buona impressione. Non penso che arriveranno a tanto».

Dello stesso avviso il presidente dell’Australian Catholic Social Justice Council (Acsjc), il vescovo di Broome Christopher Saunders. «La campagna del governo, come quella dei suoi predecessori, ha un solo scopo: scoraggiare gli uomini disperati, le donne e i bambini che cercano protezione dalle persecuzioni e dai pericoli».

In questa battaglia i religiosi non sono soli: contro la “deportazione” dei richiedenti asilo sono scesi in piazza migliaia di australiani, in diverse città del paese. Dal canto suo, il ministro per l’Immigrazione Peter Dutton ha dichiarato che i cristiani «hanno il diritto alle proprie opinioni, ma non sono al di sopra della legge australiana».

Foto By Cedri©, modified byM00tty (removing the turbojet) - flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3926440

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