Tempi duri per la libertà di coscienza
15 dicembre 2015
Si sono incrementate le persecuzioni dei non credenti nel mondo. Lo denuncia il rapporto 2015 dell'Iheu, International Humanist and Ethical Union
Perseguitati, imprigionati, talvolta uccisi a causa di quello che credono. Non stiamo parlando di martiri della fede ma dei tanti atei, umanisti o in generale non aderenti a nessuna religione che non possono esprimere liberamente il proprio pensiero o sono discriminati nella vita di tutti i giorni. Secondo The Freedom of Thought, il rapporto annuale pubblicato dall'International Humanist and Ethical Union (Iheu), un'organizzazione non governativa accreditata presso le Nazioni Unite, la situazione per i non credenti è peggiorata nel corso del 2015.
«Abbiamo registrato un incremento di comportamenti e discorsi che contenevano un incitamento all'odio. Diversi presidenti hanno dichiarato che l'umanesimo e il liberalismo rappresentano una minaccia per il proprio Paese e hanno approvato delle leggi in cui l'ateismo è definito come terrorismo. Quest'anno constatiamo che questa retorica si è trasformata in persecuzioni effettive, anche con il ricorso a punizioni», ha dichiarato il presidente dell'Iheu Andrew Copson.
Un certo numero di persecuzioni menzionate nel rapporto hanno un'eco nei media – come nel caso dei blogger uccisi in Bangladesh – ma il documento mette in luce anche casi meno conosciuti, come quello dello studente egiziano, condannato a un anno di lavori forzati perché si era dichiarato ateo su facebook. L'Europa non fa certo una bella figura: fra i paesi segnalati con “gravi violazioni” compaiono anche l'Italia (per la disparità di trattamento fra cattolici e non cattolici e l'assenza di una legge sulla libertà religiosa) e la laicissima Francia. Si salvano Belgio (anche se la chiesa cattolica riceve la maggior parte dei contributi destinati alle confessioni e alle associazioni riconosciute dallo Stato), Olanda e Norvegia. In Asia, si distingue per correttezza e rispetto della libertà di pensiero l'isola di Taiwan.
Il rapporto conclude che riconoscersi non credenti è un diritto fondamentale e come tale va tutelato, segno non di decadenza morale ma di una società libera.