Clima, non è più tempo di scherzare
27 novembre 2015
Uno studio delle Nazioni Unite pubblicato all'immediata vigilia del vertice Cop21 mostra l'aumento esponenziale di disastri ambientali legati all'aumento dell'inquinamento
Nell'immediata vigilia della Conferenza globale sul clima, la Cop21 parigina, molto attesa dagli addetti ai lavori perché ritenuta una delle ultime grandi occasioni per bloccare il trend autodistruttivo che l'essere umano ha messo in atto nel suo rapporto con l'ambiente, l'Onu pubblica uno studio disarmante, che forte di dati e numeri pone l'essere umano davanti alle proprie responsabilità.
L'agenzia delle Nazioni Unite per la riduzione dei disastri ha censito, fra il 1995 e il 2015, 6547 calamità naturali, in pratica una al giorno negli ultimi venti anni. Numeri sconvolgenti che hanno provocato la morte di 606 mila persone, mentre sono addirittura 4 miliardi i feriti, i senza tetto o i ridotti in stato di indigenza a seguito di catastrofi atmosferiche. Ben oltre la metà del pianeta soffre in maniera irreparabile, mentre uno spicchio di esso vive in una bolla di presunto benessere, spingendo sul limite del baratro tutti gli altri.
Oltre il 90% dei danni sono stati provocati dalle alluvioni da un lato e dalla siccità estrema dall'altro: in particolare le piogge torrenziali che rappresentano da sole il 47% degli eventi atmosferici fuori controllo hanno interessato oltre 2 miliardi di persone, il 95% delle quali residente in Asia.
Nel decennio precedente, quello fra il 1985 e il 1995, i disastri naturali erano stati in media circa la metà, segnale questo della drammatica accelerazione che l'emergenza climatica ha raggiunto, e monito perché i decisori mettano da parte finalmente gli interessi di parte in nome di una battaglia comune da vincere in fretta, quella delle riduzioni delle emissioni e della limitazione del riscaldamento globale terrestre.
Gli Stati Uniti e la Cina sono state in termini assoluti le nazioni maggiormente colpite da eventi disastrosi: i due colossi sono causa della larga parte dell'inquinamento planetario, in barba a tutti i trattati internazionali, compreso quello celebre di Kyoto, non a caso mai ratificato dalle due super potenze.
In questa triste classifica precedono l'India, le Filippine e l'Indonesia, nazioni con larghe fette della popolazione in condizioni di indigenza, fortemente provate da tutti questi fenomeni.
La rotta deve cambiare. E in fretta. Se non per noi almeno per i nostri figli, se è vero che di 2,3 miliardi di bambini nel mondo 690 milioni vivono in aree esposte a forti rischi climatici.