Rifugiati sempre più a rischio dopo gli attentati di Parigi
18 novembre 2015
Il G20 di Antalya (Turchia) si apre con la raccomandazione di non cambiare l'agenda in tema di immigrazione. Ma dall'Europa arrivano segnali contrastanti
Le conseguenze degli attentati di Parigi faranno sentire i loro effetti ancora a lungo. Non soltanto con il rialzo delle quotazioni delle aziende che producono armi, cresciute di tre punti percentuale già il il 14 novembre, ma anche con la stretta sull'accoglienza ai migranti in fuga dalle guerre. Nonostante l'appello del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che in una conferenza stampa prima del vertice del G20 di Antalya, in Turchia, domenica scorsa ha invitato tutti i paesi a non confondere i rifugiati con i terroristi, le prime reazioni negative si sono già fatte sentire. «Quelli che hanno organizzato questi attacchi e li hanno condotti sono esattamente quelli da cui scappano e non il contrario», ha detto Juncker, e lo stesso ha ribadito il premier italiano Matteo Renzi. Ora più che mai, ha sottolineato Juncker, «non va cambiata l'agenda in tema di immigrazione». Non solo: lunedì, nella giornata di apertura del vertice, si è parlato proprio dell'attuale crisi dei rifugiati, definita «un'inquietudine mondiale dalle conseguenze a lungo termine», a cui va data una risposta collettiva. La parola d'ordine, secondo i leader riuniti ad Antalya, sarebbe «distribuire il fardello delle responsabilità» e farsi carico, quindi, dell'accoglienza dei rifugiati fornendo loro l'aiuto umanitario di cui hanno bisogno.
Ma sono tempi duri per chi cerca di varcare le frontiere europee: le posizioni moderate e aperte perdono terreno nei confronti dei conservatori, che si fanno forti della paura generata dai morti di Parigi per ribadire l'equazione xenofoba rifugiati-musulmani-terroristi. Un amalgama falso e pericoloso e che va a rendere ancora più drammatica la situazione di tanti uomini e donne che cercano di sopravvivere emigrando verso l'Europa. Più di 800mila hanno attraversato il Mediterraneo quest'anno, di cui l'80 per cento passando per la Grecia. Lo stesso tragitto che avrebbe fatto anche uno dei responsabili della strage del Bataclan, che sarebbe – ma le indagini sono ancora in corso – un siriano arrivato con un barcone sull'isola di Leros. Se confermata, la notizia sarebbe un'arma in più per quei governi che non vedono l'ora di chiudere le frontiere e ridimensionare lo spazio di libera circolazione di Schengen. Fra questi il nuovo ministro polacco degli affari europei Konrad Szymanski, che ha assicurato che il suo partito conservatore Diritto e giustizia (PiS), arrivato al potere proprio a inizio novembre, ritornerà sulle decisioni del governo uscente, che si era impegnato per accogliere 7500 migranti secondo il piano europeo di ripartizione dei richiedenti asilo. Altro che condividere il fardello delle responsabilità e rinforzare l'aiuto alle organizzazioni internazionali che si occupano dei rifugiati: «Prima bisogna avere chiare garanzie di sicurezza, e queste sono oggi messe in dubbio dagli attentati di Parigi», avrebbe commentato. Il ministro degli affari esteri Witold Waszczykowski è andato ancora più in là, dichiarando senza reticenze che «la comunità musulmana odia questo continente e lo vuole distruggere».