Un summit delle coscienze per salvare il pianeta
22 luglio 2015
Continuano gli incontri preparatori in vista della conferenza sul clima di dicembre a Parigi
Nel 2014 sono state quasi venti milioni le persone costrette a lasciare le proprie abitazioni, le proprie terre, a causa delle catastrofi provocate da eventi climatici estremi. Una cifra che è del 60% superiore rispetto a quarantacinque anni fa.
Si comprende anche con questi dati il sentimento di forte attesa che circonda la conferenza sul clima che si terrà a Parigi a dicembre e che avrà il compito di stabilire i prossimi obiettivi per la tutela del nostro pianeta. Il tentativo sarà quello di giungere finalmente ad un accordo globale che includa i paesi maggiormente industrializzati come Stati Uniti, Cina e India, che non hanno aderito ai precedenti protocolli e che da soli sono responsabili della metà dell'inquinamento annuo della Terra.
Ieri martedì 21 luglio si è tenuto a Parigi un “Summit delle coscienze”, organizzato da Nicolas Hulot, l'uomo scelto dal presidente François Hollande per preparare al meglio Cop21, questo il nome della prossima conferenza.
Si tratta dell'ennesima tappa di avvicinamento al meeting di dicembre, pensata per stilare l'agenda delle priorità da discutere e delle sfide da vincere.
Sono stati invitati tecnici, politici e pensatori da ogni angolo del mondo, e un ruolo altrettanto importante se lo stanno ritagliando le religioni, che stanno diventando interlocutori sempre più credibili, anche per il ruolo di forte contiguità e vicinanza con le comunità in cui operano. Al summit hanno quindi partecipato tutti i principali rappresentanti delle principali religioni. Fra questi i vertici della federazione protestante francese (Fpf): il presidente François Clavairoly, Elsa Bouneau presidente della Federazione scoutista, Coline Eychène, coordinatrice della federazione protestante per Cop21 e Martin Kopp responsabile per la difesa climatica della Fpf.
Nell'occasione è stato presentato un testo chiamato “Appello alle coscienze per il clima” che vuole proprio essere una chiamata all'azione di ognuno di noi, perché è dall'azione di ogni singolo che si può prendere coscienza dell'impronta che lasciamo durante il nostro passaggio terreno, mettendo così in atto azioni volte a invertire una drammatica tendenza all'autodistruzione.