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Podemos o no?

Le elezioni amministrative di domenica daranno un segnale importante sul futuro del nuovo partito Podemos, che potrà condizionare il panorama europeo

Domenica 24 la Spagna andrà alle urne per le elezioni comunali e regionali. Il partito Podemos, nato dal movimento degli indignados, ha buone possibilità di emergere e ricorda il modello di Syriza in Grecia, seppur con grandi differenze, soprattutto comunicative. La situazione spagnola è in evoluzione, i quotidiani hanno parlato soprattutto delle dimissioni di Manedero, uno dei fondatori, scelta che non ha compromesso la stabilità del movimento. «Gli occhi sono puntati sulla Spagna poiché il risultato avrà ripercussioni su tutto lo scenario europeo, a partire dalla Grecia», dice Jacopo Rosatelli, giornalista e analista politico.

Cosa dobbiamo aspettarci dalle imminenti elezioni?

«Mai come in queste elezioni regionali e comunali si è vissuta in Spagna una situazione politica così interessante. Siamo in una fase di cambiamento epocale: stiamo passando da un bipartitismo imperfetto a un sistema con molti più protagonisti in equilibrio tra di loro. Ci sono elementi nuovi, Podemos e Ciudadanos, che i sondaggi danno intorno al 20 % ognuno, e che hanno ridimensionato i partiti storici, ovvero il partito popolare e quello socialista. Interessante anche perché, le elezioni di domenica sono le prove generali delle politiche che ci saranno in autunno. Gli occhi sono puntati sulla Spagna poiché il risultato avrà ripercussioni su tutto lo scenario europeo, a partire dalla Grecia, che dipende dai risultati spagnoli. Semplificando molto: se ci sarà un messaggio politico che va nella direzione favorevole a Syriza, la Grecia potrà essere più tranquilla. Se dovesse vincere il partito popolare, vorrà dire che l’esperienza greca rimarrà un unicum isolato e comincerà un periodo complicato per Tsipras».

Regge ancora il confronto tra Syriza e Podemos?

«Il confronto regge senza dubbio, perché sono entrambe forze politiche chiaramente contro l’austerità, contro la linea predominante in Europa dall’anno successivo alla crisi. Due forze di opposizione progressista alla linea difesa dalla stragrande maggioranza dei governi europei. Senz’altro sono assimilabili per l’essere una novità, una forza emersa praticamente dal nulla e cresciuta in breve tempo, nonostante le origini diverse. Podemos non ha una storia precedente in partiti più piccoli che si sono federati, come Syriza. Inoltre, il partito greco porta nel nome la parola sinistra, mentre Podemos ha deciso di abbandonare le categorie destra-sinistra e di rivolgersi alla “maggioranza sociale” degli spagnoli, innestando dei discorsi che arrivavano dall’America latina, dal movimento Occupy e così via. Anche nell’ideologia, dunque, abbiamo delle differenze. Podemos ha delle componenti interne che vorrebbero un partito più classicamente di sinistra, mentre la parte maggioritaria è convinta che queste categorie generino equivoci e facciano perdere consenso. In questa discussione si inseriscono le dimissioni del numero tre del partito, Juan Carlos Manedero, uno dei fondatori, che però non è uscito dal partito, non ha fatto polemiche, ha solo sottolineato di non voler fare il politico, ma continuare a fare l’intellettuale».

Il programma è stato presentato qualche giorno fa, ed emerge però una vicinanza agli argomenti delle sinistre

«Certo, infatti è più una questione di strategia comunicativa e di filosofia politica che non di realtà concreta. In effetti dal programma si vedono le posizioni di un partito progressista laico, siamo in un quadro di orizzonte della sinistra, non c’è alcun dubbio. Anche la posizione nel Parlamento europeo parla chiaro, i deputati di Podemos fanno parte del gruppo della sinistra europea. Ma difficilmente sentirete l’uso della parola “sinistra” da un dirigente di questo partito, o l’utilizzo di parole chiave tipiche del lessico tipico di sinistra, come proletariato, classe operaia, capitalismo, e noterete lo sforzo di rivolgersi con un lessico nuovo ai piccoli imprenditori, ai lavoratori autonomi o i negozianti. Da questo punto di vista il suo essere al di fuori degli schemi vuol dire che cerca di pescare socialmente in un bacino elettorale che tradizionalmente guardava al centrodestra: Podemos parla anche a quelle persone. Chiaramente, nel concreto, a livello comunale questo discorso si vede un po’ meno rispetto al livello regionale e nazionale. A livello comunale abbiamo forse una realtà più classica e tradizionale: a Barcellona e Madrid, Podemos non si presenta così, ma ha promosso delle liste civiche che sono di sinistra».

Quali rapporti ci sono con Ciudadanos?

«Il partito Ciudadanos è difficilmente collocabile, per certi versi assomiglia di più al Movimento 5 stelle italiano. Non lo definirei di sinistra moderata, ma nemmeno di destra: probabilmente la vecchia categoria del centro una volta tanto funziona. A livello ideologico è liberalsocialista, ma in realtà non è percepito così in Spagna, ma più come un partito che è scomparso ma che c’era all’inizio degli anni ’80, il Centro Democratico Sociale del primo presidente della Spagna democratica, Adolfo Suarez, un partito centrista non veteroconservatore alla sinistra del Partito popolare. Ciudadanos ha in comune con Podemos l'essere nuovo, con una classe dirigente giovane, in polemica con la cosiddetta casta e con i partiti tradizionali, ma sul piano della politica sociale non fanno lo stesso discorso antiausterità: l’identità politico ideologica del partito è più sfuggente, un po’ bifronte, ed è anche apprezzato per questo, una sorta di partito cerniera».

Quali prospettive ha Podemos per le amministrative e per le politiche di autunno?

«Sulle elezioni del 24 maggio le liste civiche promosse da Podemos hanno buone possibilità di governare a Madrid e soprattutto a Barcellona. Bisognerà capire dopo il voto a livello di alleanze, se si creeranno unioni con i socialisti, per avere un voto in più rispetto a Popolari e Ciudadanos. Nelle Regionali difficilmente Podemos avrà il presidente di una delle 13 regioni che vanno al voto, ma potrebbe essere una delle forze decisive per la creazione di maggioranze. Sul piano nazionale il partito è più forte, perché c’è la figura di Pablo Iglesias che traina, e lo scenario è completamente aperto da ogni punto di vista: da quello delle alleanze e da quello del risultato. Certamente il prossimo Parlamento vedrà per la prima volta una coalizione di governo. Quattro mesi in politica sono tanti e Podemos dà molto fastidio, quindi vedremo attacchi, polemiche, dossier su questo partito e colpi bassi: vedremo se il risultato di domenica sarà uno slancio o una battuta d’arresto».

Foto: "Madrid - Podemos - La marcha del cambio - 31012015 120229" by Barcex - Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.

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