
I migranti forzati, una responsabilità comune
19 marzo 2015
Perché è indispensabile che tutti i paesi, anche quelli extraeuropei, si prendano in carico l'emergenza umanitaria di chi fugge dalle guerre. L'intervista a Fulvio Vassallo Paleologo
Il coinvolgimento "diretto" di paesi terzi nelle operazioni di ricerca e salvataggio proposto dal ministro Alfano al Parlamento europeo (la Tunisia in primis), l'attentato dell'Isis di ieri e l'impatto di Frontex sull'emergenza umanitaria che vede sempre più migranti forzati arrivare alle nostre coste. Ne abbiamo parlato con Fulvio Vassallo Paleologo, esperto di migrazioni, che è intervenuto il 17 marzo al convegno “Che cosa ci insegna il Mediterraneo?”, organizzato da Mediterranean Hope alla Casa delle culture di Scicli.
Come giudica la proposta del ministro Alfano?
«La proposta è manifestamente impraticabile anche perché la sicurezza degli operatori umanitari in questi luoghi è sempre a rischio. Bisogna affrontare questi problemi in modo più complesso, anche perché i paesi europei non si sono mostrati così disponibili ad accogliere i migranti: qualche migliaio tra Germania e Svizzera, quando la Turchia ne ha preso un milione e mezzo in fuga dalla guerra in Siria e il Libano anche. Sono persone che vogliono restare vicino al territorio di origine anche perché sperano di ritornare a casa, ma è necessario prevedere strutture adeguate e sicure che possano accoglierli. Non c'è la disponibilità europea alla gestione di questi ipotetici centri, l'ipotesi non convince nessuno»
Quali altre soluzioni si possono immaginare in alternativa, vista la situazione di emergenza umanitaria?
«Si deve intervenire nei paesi di transito, nei campi che già esistono e dove si fatica a garantire la sicurezza delle persone. Si deve garantire ai soggetti più fragili, come per esempio le donne e i bambini, la possibilità di raggiungere effettivamente l'Europa con visti d'ingresso garantiti; inoltre i consolati i tutti i paesi del mondo devono dare la possibilità ai migranti in fuga dalla guerra di entrare con visti di ingresso per motivi umanitari. Le persone, invece di pagare migliaia di euro ai trafficanti, potrebbero pagarsi il viaggio legalmente e arrivare in paesi anche extraeuropei, visto che l'Europa è in crisi e già risente di molte migrazioni interne. Soprattutto perché sappiamo che i profughi hanno ambizioni di mobilità, non vogliono fermarsi nel primo paese che raggiungono. Sottolineo che l'Europa ha accolto soltanto centomila siriani l'anno scorso e quest'anno avremo a che fare probabilmente con duecentomila arrivi, tutti di profughi, visto che il decreto flussi ha bloccato l'ingresso ai migranti economici. Non siamo di fronte ad alcuna invasione».
Come si affronta la questione dei migranti economici, che comunque continuano a partire per l'Europa?
«E' un problema che l'Unione europea dovrà affrontare, anche per evitare lo sfruttamento schiavistico, un dramma che ricade anche sulla popolazione dei paesi di arrivo. Bisogna prevedere un ingresso per motivi di lavoro; in generale la questione migranti va presa in carico da tutti i paesi europei, perché non pesi su uno soltanto, con comprensibili ricadute sull'opinione pubblica, che finisce per vedere in ogni migrante un attacco alla propria sicurezza e quindi anche vittime di tortura o di stupro sono percepite come un pericolo. C'è da fare un lavoro enorme per contrastare giudizi e stereotipi: dobbiamo incidere sulla mentalità della gente, dando informazioni corrette».
Che cosa pensa dell'attacco di ieri a Tunisi?
«L'Isis non ha utilizzato l'attacco frontale come in Iraq e in parte in Siria, ma una strategia diversa che dimostra la sua debolezza sul territorio. E' una manifestazione di sconfitta. Non è secondo me preoccupante quanto l'espansione territoriale in Siria».