Continua la mobilitazione alla chiesa Saint-Laurent di Losanna
18 marzo 2015
Un corteo ha portato sostegno ai sei rifugiati minacciati di espulsione in Italia
A colpi di stoviglie battute sulle pentole e urlando slogan a tutela dei diritti umani, alcune centinaia di persone sono scese in piazza martedì sera per esprimere vicinanza ai sei profughi che hanno occupato nei giorni scorsi la chiesa Saint-Laurent di Losanna, al fine di richiamare l’attenzione delle autorità elvetiche ed evitare il rimpatrio forzato in Italia, paese considerato a rischio, sia nelle opinioni dei rifugiati etiopi ed eritrei che in quelle dei volontari delle associazione umanitarie che hanno preso a cuore la questione. Ce ne siamo occupati anche noi di Riforma nei giorni scorsi.
L’obiettivo dei manifestanti è quello di coinvolgere il Consiglio di Stato per far ottenere ai sei un permesso di soggiorno e per avviare una moratoria che ne impedisca il rimpatrio in Italia, nazione che secondo gli accordi europei di Dublino dovrebbe accoglierli in quanto primo loro paese di sbarco europeo. Ma di ripassare nei Cie o nei Cara del nostro Stato non ne vogliono proprio più sapere. Da qui la decisione di occupare la chiesa riformata una volta appreso che le autorità svizzere erano pronte a procedere con l’espulsione. L’occupazione ha causato tensioni con le autorità ecclesiastiche che non erano state avvertite: dopo aver minacciato azioni legali ora la situazione appare più distesa (anche se il consiglio sinodale ha criticato l’occupazione coatta) e le varie parti stanno lavorando per cercare una soluzione, in nome dei sei migranti che rischiano di pagare sulla propria pelle questa impasse, mentre restano le divergenze sulle modalità della protesta. «Quello che accade a Saint-Laurent è un'azione politica che strumentalizza un piccolo gruppo di immigrati», ha detto Xavier Paillard, presidente del Consiglio sinodale, all'agenzia di stampa Protestinfo. «Avevamo una soluzione possibile al di fuori dell'agglomerato di Losanna, ma il collettivo l'ha rifiutata perché era troppo complicata e sarebbe venuto a mancare l'effetto mediatico. Continuiamo con i nostri operatori a lavorare per il bene dei ragazzi, ma non daremo alcun appoggio al collettivo che dirige la protesta».