Francia: appello dei leader religiosi sulla legge sull’eutanasia
12 marzo 2015
In discussione in questi giorni la norma che riscrive le regole sul fine vita
La legge sull’eutanasia divide la Francia. E non solo nel Parlamento. L’opinione pubblica segue con interesse e trepidazione l’acceso dibattito sul fine vita, che vede affrontarsi favorevoli e contrari all’eutanasia. La proposta di legge sulla possibilità di “sedazione profonda e continua” dei malati terminali presentata da Partito socialista e dai neogollisti dell‘Ump, divide i parlamentari francesi, incluso nelle due famiglie politiche che l’hanno presentata.
Secondo fonti parlamentari, sono stati depositati oltre 1.050 emendamenti. Il progetto verrà discusso dall’Assemblée Nationale in questi giorni prima del voto solenne il 17 marzo. Molte associazioni sono intervenute per far sentire la loro voce, come d’altro canto era prevedibile, vista la delicatezza e la complessità dell’argomento. Dalle colonne del quotidiano Le Monde, cinque leader religiosi – un cattolico, un protestante, un ortodosso, un ebreo e un musulmano – hanno lanciato insieme un avvertimento. «Chiediamo che questa legge civile sia civilizzatrice, ovvero che aiuti a vivere e morire, senza mai accorciare la vita, senza mai decidere di dare la morte», scrivono l’arcivescovo di Lione e primate di Francia Philippe Barberin, il presidente della federazione protestante francese Francois Clavairoly, il metropolita ortodosso di Francia monsignor Emmanuel, il presidente del consiglio del culto musulmano Mohammed Moussaoui e il rabbino capo di Francia Haim Korsia.
La sedazione, proseguono, «può essere utile e necessaria» quando si limita ad «addormentare un paziente», ma «l’uso di questa tecnica è snaturato quando si tratta non più di dare sollievo al paziente, ma di provocarne la morte». Si tratta, come è facile intuire, di una presa di posizione autorevole e inedita. Finora le varie confessioni religiose si erano limitate ad esprimere separatamente il loro pensiero critico nei confronti della legge. L’appello pone a questo punto una serie di interrogativi: «in nome di cosa vogliamo legalizzare un gesto di morte? Perchè - si dice - la persona interessata avrebbe perso la sua dignità umana? O perché avrebbe fatto il suo tempo? Gli si lascerebbe credere che sia divenuto inutile, indesiderato, costoso. Ma chi è l’uomo che si crede in grado di dare - per sé o per gli altri - brevetti umanità?».
La battaglia in aula si preannuncia molto aspra.
(Traduzione da La-Croix.com a cura di Claudio Geymonat)