Quel premio che imbarazza
16 febbraio 2015
Polemiche per la rimozione di giurati invisi al premier Netanyahu dall’Israel Prize, il più importante riconoscimento artistico israeliano
Si arricchisce di un nuovo capitolo la vicenda legata alle pressioni per l’esclusione dello scrittore David Grossman dalla rosa dei possibili vincitori dell’Israel Prize, il più prestigioso premio letterario del paese. La questione, che sta diventando imbarazzante per Gerusalemme, prende il via dall’ostracismo che il primo ministro Benjamin Netanyahu avrebbe esercitato nei confronti della giuria del premio sul nome di David Grossman, uno dei più celebri autori del paese, assai critico nei confronti della politica del leader del partito Likud e candidato principale al riconoscimento. L’ultimo capitolo, per ora, lo scrive il procuratore generale israeliano che ha sollecitato Netanyahu al porre fine alle pressioni, e lo staff del premier ha detto di volersi attenere a questa decisione. Il caso era esploso nei giorni scorsi a seguito della rimozione di due prestigiosi membri della giuria letteraria, Avner Holtzman e Ariel Hirschel, da parte di Netanyahu, che detiene anche l’interim del ministero dell’Istruzione, dicastero che organizza il premio. I due evidentemente rappresentano posizioni invise a chi al momento detiene il potere in Israele.
Ma il diktat aveva scatenato le reazioni degli altri membri della giuria, che si sono tutti prontamente dimessi in segno di protesta e di solidarietà con i due colleghi, così come sottolineato da un comunicato stampa che parla di «un intervento che rappresenta la politicizzazione del più importante riconoscimento di Israele, che dovrebbe essere concesso esclusivamente su considerazioni professionali ed artistiche». Netanyahu aveva affidato la replica ai social network dichiarando che «troppo spesso sembra che membri estremisti della giuria concedano premi ai loro amici, e poi ci sono troppi anti-sionisti, radicali, pacifisti e pochi rappresentanti delle altri componenti della nazione fra i giurati». L’ingerenza del premier e del suo staff si sarebbe estesa anche alla giuria cinematografica, con il veto al premio al regista Haim Sharir, provocando anche in questo caso dimissioni di massa dei giurati. Ora l’intervento del tribunale parrebbe porre fine alla diatriba, ma sarà certamente difficile in questo clima trovare nuovi giurati in tempo utile. Mentre cresce l’imbarazzo per una vicenda che ha certamente superato i confini nazionali.