Ora di religione, questione europea
30 gennaio 2015
Il Lussemburgo cambia: via l’insegnamento delle religioni. Al posto un corso di educazione ai valori
Mentre in Italia è sempre vivo il dibattito sulla presenza delle religioni nelle scuole, con la pressoché assoluta predominanza dell’insegnamento della religione cattolica nelle nostre classi, altri Stati stanno compiendo passi in direzione di una maggiore ecumenicità o addirittura laicità nell’approccio alla questione. Prendiamo ad esempio il Lussemburgo che ha appena visto ratificare una convenzione fra il governo guidato da Xavier Bettel della coalizione comprendente verdi, sinistra e liberali, e il Consiglio dei culti convenzionati, di cui fanno parte le comunità ebraica, musulmana, cattolica, protestante, anglicana ed ortodossa, volta a rivedere le relazioni fra Stato e religioni.
L’accordo, che sarà valido per i prossimi venti anni prevede la sostituzione dell’insegnamento della religione nelle scuole con un corso di educazioni ai valori, una sorta di educazione civica dai contenuti decisamente slegati dall’approccio religioso.
Sarà però probabilmente un altro il punto a far dolere maggiormente le autorità ecclesiali: lo Stato lussemburghese taglia fortemente i contributi pubblici alle suddette religioni convenzionate, passando dagli oltre 24 milioni all’anno (23 di questi per la chiesa cattolica, le briciole agli altri) a poco più di 8 milioni (oltre 6 riservati alla chiesa cattolica). Inoltre gli edifici ecclesiali (ad eccezione della cattedrale, la basilica di Echternach e il “Centre Jean XXIII”) saranno sotto piena responsabilità economica della chiesa e non più dei comuni.
Le nazioni in Europa in cui vi è l’insegnamento di una unica religione e non di una pluralità sono soltanto 6, fra cui l’Italia con la cattolica, Cipro e Grecia con l’ortodossa e la Turchia con l’islamica.
In dodici paesi l’insegnamento è multi religioso. In Belgio e Croazia la materia è opzionale. Solo in tre paesi non si insegna religione a scuola: la Francia (esclusa la regione dell’Alsazia-Lorena), l’Ungheria e la Slovenia. In Italia, Spagna e Grecia gli insegnanti di religione sono dipendenti pubblici pagati con i soldi dei contribuenti.