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La doppia morale saudita

Condanna gli attentati di Parigi ma incarcera i propri giornalisti in patria

Ancora restrizioni alla libertà di stampa. Questa volta ci spostiamo in Arabia Saudita per parlare della storia di Raif Badawi, blogger saudita detenuto dal giugno 2012 nel carcere di Briman, a Gedda. Sulla sua testa pesa una condanna a dieci anni di prigione, mille frustate e una multa di un milione di rial, equivalente a circa duecentomila euro. Il 9 gennaio sono iniziate le pubbliche flagellazioni, davanti alla moschea di Gedda, al termine della preghiera, e davanti a numerosissimi fedeli e passanti. Raif ha ricevuto 50 frustate, e il drammatico spettacolo si ripeterà per altre 19 volte, ogni venerdì. La sentenza di condanna è stata confermata dalla corte di appello lo scorso settembre, ed ora , dopo pochi mesi, sono iniziate le umilianti e terribili pubbliche fustigazioni, in barba ad ogni norma di diritto internazionale.

Raif è il fondatore del blog «Free Saudi Liberals», ideato per discutere del ruolo della religione in Arabia Saudita. I dibattiti che si svolgevano sul forum e le posizioni «laiche» di Raif hanno portato all'accusa e alla condanna per apostasia, per aver infamato simboli religiosi, per aver criticato la Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, e per la violazione delle norme locali di diritto informatico.

L'aspetto più incredibile, che mostra quanta ipocrisia si nasconda spesso dietro alle dichiarazioni ufficiali, è dato dal fatto che l'Arabia Saudita ha fermamente condannato nei giorni scorsi gli attentati di Parigi contro la libertà di informazione e satira, mentre in patria condanna a dieci anni di reclusione e mille frustate un proprio cittadino reo di aver offeso l'islam mediante i propri articoli.

Il suo avvocato, Waleed Abu al-Khair, è anche egli stesso in carcere per scontare una condanna a 15 anni per il suo attivismo pacifico.

Foto via Twitter

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