Betel, casa di Dio
02 ottobre 2014
Un giorno una parola – commento a Genesi 35, 3
Giacobbe disse: «Partiamo, andiamo a Betel; là farò un altare a Dio che mi esaudì nel giorno della mia angoscia e che è stato con me nel viaggio che ho fatto»
(Genesi 35, 3)
Uno dei lebbrosi, vedendo che era purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo
(Luca 17, 15-16)
Betel è stato, tra i luoghi geografici, il più carico di teologia: emozioni, vocazione, promessa, pietra del ricordo, impegno (scarso), tuttavia ribadito… Giacobbe ha chiamato così questo luogo, in cui si è «riposato», sia nel viaggio di andata, in fuga dalla collera di suo fratello Esaù, sia in quello di ritorno alla sua terra con la sua nuova tribù. Sono passati molti anni e Giacobbe ha fatto esperienze buone e cattive; ha agito con astuzia, altri hanno usato astuzia contro di lui. Ora nel viaggio di ritorno, in mezzo a guerre, stupri e massacri (ma c’è anche l’episodio storico della riconciliazione con Esaù, e poi la tristissima morte di Rachele), Betel si rivela un luogo di riposo, di tregua, di confessione di fede: «Dio è stato con me nel viaggio che ho fatto».
Dio è stato con me nel viaggio che ho fatto potrebbe essere un bell’epitaffio! Ma non è così, perché Giacobbe ha ancora un bel po’ di vita davanti a sé. La pausa, il ristoro di Betel non è solo fermarsi, bisogna distruggere gli idoli, togliere “gli dei stranieri”, che sono le personificazioni della violenza, del sesso, del potere conferito dalla proprietà e dall’astuzia esercitata contro gli altri. Gli doli della gente di Giacobbe di fatto non vengono distrutti, ma sotterrati ai piedi della quercia di Sichem. Non si sa mai, dovessero ancora servire…
Giacobbe erige un altare al Signore, come aveva fatto suo nonno Abramo e suo padre Isacco: è un punto fermo, una tappa della vita. È possibile e necessario fermarsi a guardarsi dentro, a eliminare le cose sbagliate che inducono in errore, anche se è difficile distinguerle, perché sono quelle che tutti usano e decantano come l’essenza stessa della vita. Il Dio di Betel non è così: appare inatteso, promette vita abbondante, accompagna il viaggio di ognuno che lo invochi, ferma la mano di chi commette il male, se si dà ascolto alla sua Parola e si mettono in pratica i suoi comandamenti. Ogni atto di culto è un monumento di riconoscenza al Dio di Betel.