A scuola contro i pregiudizi di genere
19 settembre 2014
A Roma, il 20 e 21 settembre, un convegno nazionale che mette in rete le associazioni che lavorano nelle scuole per combattere violenze e stereotipi sessisti
Il gender in Italia pare essere diventata una questione spinosa, che coinvolge istituzioni scolastiche, gerarchie ecclesiastiche, famiglie: non si può parlare di educazione sentimentale in classe ma non si perde occasione per ribadire la divisione fra ciò che è bene per maschi e femmine e quello che è “naturale” in materia di relazioni sentimentali e di rapporti genitori-figli. In reazione agli stereotipi di genere e come prevenzione contro bullismo, omofobia, transfobia e violenza maschile contro le donne, tre associazioni italiane – Stonewall, Il Progetto Alice e Scosse – hanno organizzato un convegno nazionale a Roma per il 20 e 21 settembre, a cui hanno aderito più di duecento associazioni, insegnanti, gruppi istituzionali e genitori. “Educare alle differenze”, questo il titolo dell'incontro, comincia domani alle 10 nei locali della scuola multietnica di Via Bixio 83, nel quartiere Esquilino, a pochi passi dalla Stazione Termini, con una plenaria in cui si confronteranno le diverse esperienze di chi lavora sul campo. L’appuntamento ha anche ricevuto il patrocinio dell’assessorato Scuola, Infanzia, Giovani e Pari Opportunità di Roma Capitale. Ne abbiamo parlato con Lea Fiorentini Pietrogrande, di Unite in Rete (che fa parte del Coordinamento contro il sessismo e la violenza di genere di Firenze) una delle relatrici del convegno che parteciperà alla plenaria di domani.
Come è nata l'idea di andare a “scuola di differenze”?
“L'urgenza è nata durante lo scorso anno scolastico, quando in alcune scuole romane – ma in realtà problemi ne abbiamo avuti in tutte le regioni – sono stati rifiutati interventi e materiali su temi che esulavano dalla famiglia tradizionale: un esempio, la polemica nata intorno alla lettura in classe del libro Sei come sei di Melania Mazzucco, che racconta una storia omosessuale. In genere tutto parte da qualche genitore che fa parte di un'associazione cattolica e che protesta su iniziative del genere perché sostiene che la famiglia tradizionale vada protetta contro le 'ingerenze' lgbt. Quindi si è pensato di organizzare una risposta collettiva ed è stato fatto un appello in rete, a cui hanno risposto in tantissimi”.
Qual è l'obiettivo?
“Ogni associazione ha il suo progetto locale ma per ora non c'è un disegno complessivo che li unisca. Soprattutto non esiste un concetto diffuso della laicità della scuola: quando lavoriamo contro l'omofobia o i pregiudizi di genere veniamo percepiti come una delle tante opzioni possibili, mentre deve essere chiaro che invece è la base da cui partire. L'obiettivo quindi è costruire una rete tra tutte le esperienze del nostro paese che quotidianamente lavorano dentro e fuori le scuole per promuovere libertà e pluralità, a partire dal ragionamento sull’identità di genere e mettere insieme le forze per arrivare a un progetto condiviso”.
C'è da tempo un progetto di legge sull'educazione sentimentale nelle scuole: a che punto siamo?
“Non si muove niente, anche se la legge contro la violenza di genere e il femminicidio la prevede, e c'è un riferimento anche nella Convenzione di Istanbul. Purtroppo in Italia non c'è la volontà di procedere su questa strada”.
In compenso chiudono i centri antiviolenza ed è sempre più difficile abortire in una struttura pubblica.
“E non è tutto. Ricordo il moltiplicarsi delle manifestazioni delle 'Sentinelle in piedi' a favore della famiglia tradizione: hanno in programma un appuntamento il prossimo 5 ottobre in contemporanea in cento piazze italiane. Hanno legami con il Movimento per la vita, la Militia Christi, l'Age, l'Associazione italiana genitori, e molte associazioni cattoliche. Sono una potenza e hanno molti finanziamenti, e anche appoggi istituzionali: la Regione Toscana, per esempio, ha smantellato i consultori pubblici ma ha sostenuto la Misericordia, un'istituzione cattolica di volontariato sanitario e sociale, dove sono tutti obiettori di coscienza antiabortisti”.