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«Corrono contro il vento della mediocrità/ portando dubbio e tormento/ là dove c’è Verità/ uomini in preda ai sogni /scaldati dalla brace di un’altra idea / ….donne di un altro segno accese dalla luce di un’atra idea / … a tarda notte bruceremo insieme». Sono gli eretici che Alessandro Sipolo, cantautore bresciano, racconta negli undici brani dell’album «Eresie», entrato tra i 50 finalisti del premio Tenco 2016 nella categoria assoluti. Eretici - ed eretiche perché la presenza femminile nell’album è molto forte – spesso loro malgrado, tra passato e presente, conosciuti o ignoti ai più, legati all’esperienza e agli affetti dell’autore ma portatori di un messaggio universale. A raccontarceli è direttamente Alessandro Sipolo in questa intervista.

Alessandro, perché tra i tanti termini che si potevano utilizzare per raccontare le storie di personaggi controcorrente hai scelto proprio la parola «eresia»?

«Sono rimasto affascinato da alcune letture sui movimenti pauperistici del medioevo, dalla figura di Arnaldo da Brescia a cui qui in città è dedicata una piazza e un monumento, ma anche dai racconti dei roghi di streghe in Valcamonica nel XVI secolo. A parte questo, nel disco ho voluto esplorare tre significati della parola eresia. Il primo è quello etimologico, in greco eresia significa scelta; poi il significato che si è affermato in ambito religioso, di scelta disobbediente; infine, il significato più popolare, molto diffuso per esempio dalle mie parti, per cui eresia significa cosa insensata, contro il buon senso. Sommando questi tre significati ho voluto parlare soprattutto di contemporaneità, descrivendo biografie di “eretici viventi” come Piergiorgio Welby e Eluana e Beppino Englaro a cui è dedicata “Tra respirare e vivere”».

Com’è nata questa canzone?

«Se il brano di apertura, “Eresie”, è quello che fa da cornice all’intero disco, “Tra respirare e vivere” è la canzone che ha fatto, per così dire, da spina dorsale dell’album. La vicenda di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro è un esempio lampante di eresia contemporanea, con tutto un carico per i protagonisti di sofferenze personali e di condanna da parte di nuove inquisizioni. Beppino Englaro, che ho incontrato, è stato oggetto di forte riprovazione per aver voluto riaffermato ciò che sua figlia aveva chiarito in più occasioni. Queste persone hanno rivendicato un diritto essenziale - poter decidere sulla loro esistenza - e per questo sono state condannate a una pena infinita. Sono i primi nomi di “eretici viventi” che mi sono venuti in mente ».

L’unico eretico del passato che compare nel tuo disco è un tuo concittadino, Arnaldo da Brescia (1090-1155).

«Sì, certamente, mi interessava far conoscere la sua figura ancora poco nota, le idee dirompenti per la sua epoca, ma anche la vicenda della statua eretta a Brescia a fine Ottocento, dopo molti dibattiti, che lo raffigura con il volto di Mazzini [nella canzone: “come stai nella barba di Beppe”, n.d.r.] per fare un parallelo tra il libero Comune di Roma nel 1143 che vide Arnaldo in prima linea e il triumvirato della Repubblica Romana risorgimentale. La canzone però riguarda la contemporaneità e il fatto paradossale che la statua di Arnaldo oggi domini sulla più modaiola delle piazze, quella della movida, tra aperitivi e porsche. Il tema è la superficialità del vivere frivolo e inconsapevole».

 

 

Il tema di «Comunhão Liberação» sembra invece essere l’ipocrisia …

«Sì, è un pezzo satirico che riguarda Comunione e Liberazione. In questo caso, la parola eresia è utilizzata nel senso popolare: una cosa assurda, insensata. Per un lombardo Comunione e liberazione è la quintessenza di un gruppo che non è stato creato per contrastare il potere ma per conquistarlo. C’è l’ipocrisia che sostanzia la differenza tra ciò che si dichiara e ciò che si fa. Alla canzone corrisponde anche un video, che mi sono molto divertito a realizzare, che rende lo stridore di questa contraddizione».

 

 

Le undici canzoni hanno tanti altri protagonisti, spesso persone che tu hai conosciuto e di cui racconti le storie ignote ai più, a cui in quest’intervista possiamo solo accennare– un renitente alla leva che si unisce a un gruppo di giostrai rom, le persone che per prime hanno denunciato la presenza della criminalità organizzata al nord e sono state derise come Cassandre, la festa “eretica” di Sara, la santa rom non riconosciuta. Vorrei però concludere chiedendoti della forte presenza femminile nel disco, donne che spesso non hanno un nome ma sono ben presenti.

«Cominciamo con il dire che la parola “eresia” è femminile! Più seriamente, è vero che la persecuzione ha più spesso colpito le donne, pensando anche soltanto ai roghi di streghe nella Valcamonica, qui vicino. E continua a colpirle anche oggi. La canzone “Cresceremo anche noi”, in particolare, riguarda la condizione femminile dei nostri giorni che, se togliamo i fatti violenti che tutti condannano, è ancora ampiamente caratterizzata, soprattutto nelle coscienze maschili, da ruoli definiti da una cultura patriarcale. Ho sempre molto amato lo slogan femminista “il privato è politico” e se si guarda a come viviamo nella società, è più che mai attuale. Noi uomini siamo ancora immersi in una cultura sessista, ma per le nuove generazioni ho speranza: anche noi cresceremo».

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