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Alla fine di gennaio la Camera riprenderà la discussione sulla proposta di legge sul “fine vita” e il testamento biologico, nata dalla proposta di legge di iniziativa popolare depositata oltre tre anni fa dall’Associazione Luca Coscioni, da sempre attiva su questo tema.

Il testo base, al quale Lega Nord e Area Popolare hanno opposto circa 2.400 emendamenti, si fonda sul principio secondo il quale «ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di accettare o rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso». Oltre a questo, nel testo si rende esplicito il diritto alla revoca del consenso, «anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali». Vista la sensibilità del tema, che nel nostro Paese ha grande consenso popolare ma risulta profondamente divisivo in sede politica, la relatrice Donata Lenzi ha chiesto di evitare ogni strumentalizzazione e anche di mantenere attivo il dibattito sul “fine vita” al di là della singola legge.

Obiettivo dell’Associazione Luca Coscioni e dei favorevoli alla legge è arrivare a un’approvazione entro la fine della legislatura, che ha però confini poco definiti, al punto da richiedere che il calendario venga rispettato in modo rigoroso, con la discussione che non può slittare oltre il 30 gennaio e il primo voto che dovrà arrivare necessariamente entro il giorno successivo.

Su questa legge e su questo tema si è espressa in passato, attraverso il suo sguardo protestante e civile, anche la Commissione Bioetica della Tavola valdese. Secondo Gigliola Belforte, medica e componente della commissione bioetica della Tavola Valdese, la ripresa della discussione «è sicuramente un fatto positivo».

Qual è la portata di questa legge?

«Molto grande. Sono molte in realtà le persone che stanno già depositando i loro testamenti biologici. A proposito, mi sembra più corretto chiamarle “disposizioni anticipate di trattamento”, perché “testamento” fa pensare a qualcosa che arriva dopo la vita, mentre di fatto sono disposizioni che riguardano il trattamento quando si è ancora in vita. È importante che si arrivi a una legalizzazione perché attualmente ci sono molti medici che tengono conto delle volontà espresse dalle persone quando erano in condizioni di esprimerla, ma questo non sempre succede, e soprattutto non è obbligatorio seguire queste indicazioni».

Nonostante la grande maggioranza degli italiani e delle italiane sia d’accordo con la necessità di avere una legge su questo tema, alcune forze politiche hanno promesso di bloccarne in ogni modo il percorso. Perché, secondo lei?

«Questo mi sembra molto grave e mi rattrista molto vedere che ci sono simili atteggiamenti di opposizione, spesso non legati a convinzioni etiche quanto a un’intenzione politica, nel senso peggiore del termine, di indirizzare le scelte. Secondo i sondaggi sul tema, risulta che ci sia un 80% di cittadine e cittadini italiani che vogliono questa legge, e ci si domanda come mai queste forze politiche insistano in questa direzione, tra l’altro facendo riferimento ad argomentazioni come la professionalità del medico o la volontà delle famiglie, calpestando quindi l’autonomia e la responsabilità individuale delle persone. Con questo atteggiamento sembra che vogliano soddisfare la richiesta di persone che in realtà non ci sono, sono molto poco rappresentative del nostro paese. Oltretutto mi colpisce che venga fatto riferimento a termini come “sacralità della vita”, che sono estremamente generici e dietro i quali ci si può mettere un po’ di tutto».

Come si mettono insieme, in dialogo, da una parte l’autonomia e la responsabilità individuale e dall’altra la riflessione sull’etica che una legge porta con sé?

«Effettivamente è una questione estremamente delicata, che però diventerebbe particolarmente difficile soltanto nel momento in cui si dovesse parlare di eutanasia o di suicidio assistito. Ora non stiamo parlando di questo, stiamo parlando di rispettare la volontà di una persona lì dove chiede che siano tutelati i suoi diritti sanciti dalla Costituzione all’articolo 32. Mi pare che in questo momento, se si guarda esattamente la materia che si sta trattando, non sia così difficile mettere d’accordo l’autonomia del soggetto con il diritto di esprimere un indirizzo anche da parte della famiglia e della società che vive intorno all’individuo. Nel momento in cui è riconosciuto il diritto di scegliere, accettare o rifiutare le cure, mi pare che non si ponga il problema di una opposizione tra soggetto autonomo e società etica e sulle convinzioni etiche delle persone intorno alla persona malata».

Lei immaginava che una legge sul testamento biologico potesse davvero richiedere così tanto tempo?

«Mi pare quelli di chi si è opposto alla legge, e lo sta ancora facendo, siano argomenti speciosi. Trovare un accordo sul testamento biologico non dovrebbe essere una cosa così difficile, proprio perché fa riferimento a valori e a diritti che la stragrande maggioranza delle persone riconosce. Credo che ci siano persone che vedono dei fantasmi, vedono il rischio di scivolare verso “scelte disordinate” se si fa passare questa legge, ma se stiamo attenti all’oggetto realmente di cui si discute si vede che poi questa legge dovrebbe effettivamente passare senza difficoltà».

Immagine: via pixabay.com

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