La Giuria Interfilm a Venezia
02 settembre 2016
Conosciamo Ignacio Tiago Branchini, delegato italiano della giuria intereligiosa Interfilm al Festival cinematografico di Venezia
La giuria Interfilm anche quest'anno consegnerà il Premio per la promozione del dialogo intereligioso ad un film che partecipa alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.
Basandosi sull'idea che il cinema ha il potere di comunicare storie ed esperienze umane superando i limiti dei confini politici, culturali, religiosi, il premio vuole dare risalto ai film che offrono una visione di rispetto dell'umanità e delle differenti fedi.
Delegato italiano della giuria Interfilm è Ignacio Tiago Branchini, membro della chiesa metodista di via Firenze a Roma, animatore giovanile, film maker e membro dell'Associazione Protestante Roberto Sbaffi. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio e capire che aspettative ha verso questo appuntamento.
Il cinema è presente nella tua vita anche come scelta di studio e lavoro.
«Si, mi sono laureato in cinema in Brasile e appena dopo la laurea mi sono trasferito in Italia, a Milano, dove ho iniziato a produrre alcuni cortometraggi. Ora sono a Roma, dove sto studiando per il Master all'Università la Sapienza e spero di laurearmi all'inizio del prossimo anno».
Fai parte dell'Associazione protestante Roberto Sbaffi, nata nel 2003 e composta da evangelici di diverse denominazioni appassionati di cinema. Come l'hai conosciuta?
«Sono entrato in contatto con questa associazione tramite il gruppo giovani della chiesa metodista di Roma: avevamo organizzato un ciclo di cineforum e mi è stato proposto di far parte della giuria Interfilm al Festival di Venezia. Avevo già partecipato a festival più piccoli, ma un'esperienza del genere è nuova per me: il festival di Venezia è uno dei più importanti del mondo, sono entusiasta di aver avuto l'opportunità di viverlo dall'interno».
Che programma di lavoro ti attende?
«Lavorerò con altri quattro giurati. Ci attendono dieci giorni molto intensi, con la visione di quattro film al giorno. Alla fine dovremo decidere a chi consegnare il premio, tenendo conto dei criteri dell'Associazione Interfilm e senza sottovalutare mai la qualità: se parliamo di cinema alcuni criteri cinematografici devono essere seguiti per obbligo. Nel cinema la qualità tecnica e dell'immagine sono fondamentali, non si può presecindere da questi aspetti, soprattutto al Festival di Venezia».
Cosa ti aspetti da questa esperienza?
«Una crescita professionale e personale: grazie alla visione dei film e dalla discusisone che nascerà con le persone che condivideranno con me la giuria, scoprirò nuovi aspetti del mondo del cinema che non conoscevo. Il cinema racconta la vita, le questioni personali e collettive. Discutere sul cinema secondo me significa anche discutere sulla realtà e l'attualità che ci circonda».
Purtroppo molti dei film presentati durante i festival rischiano di non raggiungere il grande pubblico internazionale. Cosa pensi della distrubuzione cinematografica?
«Questa quesione si inserisce in una discussione molto ampia, sulla cultura in generale. L'arte, e quindi anche il cinema, rischia di rimanere in ghetti culturali. Un film “impegnato” rimane sovente a margine della distribuzione, quasi fosse destinato solo ad un pubblico d'élite. Questo è davvero un peccato: se avessimo un'educazione visiva maggiore, più allargata, meno “commerciale”, sicuramente il cinema riflessivo riscuoterebbe maggiore apprezzamenti».
Mercoledì 7 settembre l'Associazione Sbaffi, in collaborazione con il consiglio locale delle chiese cristiane di Venezia, il centro culturale protestante Palazzo Cavagnis e il Segretariato attività ecumeniche, organizza la visione del film «Uomini di dio (Des hommes, et des Dieux)», alle 16,30 alla Casa del Cinema, palazzo Mocenigo.
Dopo il film interverranno Amin Mohamed Al Ahdab, presidente della Comunità Islamica di Venezia e Provincia, don Nandino Capovilla, parroco SS. Risurrezione Marghera e Gianna Urizio, presidente dell'Associaizone Sbaffi.
La pastora Caterina Griffante, della chiesa valdese e metodista di Venezia, e Roberto Ellero, direttore della Casa del Cinema, porterano il loro saluto.