Salvati solo per l’amore di Dio
27 giugno 2016
Un giorno una parola – commento a Marco 12, 32-33
Amate il Signore, voi tutti i suoi santi
Salmo 31, 23
Vi è un solo Dio e all’infuori di lui non ce n’è alcun altro; e amarlo con tutto il cuore, con tutto l’intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici
Marco 12, 32-33
Lo scriba che interloquisce con Gesù e che condivide col Maestro il sommario della legge rivela una non trascurabile distanza dalla cultura sacerdotale, per la quale rimangono essenziali i sacrifici e gli olocausti. Scribi, spesso del partito dei farisei, e sacerdoti al tempo di Gesù rappresentavano due modi diversi di vivere la religiosità. Gli uni concentrati sulla lettura e l’interpretazione della legge, capaci di avventurarsi in serrati dibattiti, che mettevano al centro l’intelligenza nel comprendere i comandamenti e la storia della loro interpretazione. Sul lato opposto i sacerdoti sembrano meno intellettuali, ma concentrati sulla ritualità dei sacrifici e sull'esercizio del potere sul popolo, a partire dal ruolo che essi esercitano nel tempio. È chiaro che Gesù va collocato più dalla parte degli scribi e dei dottori della legge, anche se in diversi casi ha preso le distanze dalle ipocrisie degli scribi, dai loro formalismi e dalla loro incapacità di scorgere il cuore di Dio rivelato nella legge. Difficilmente, però, Gesù può essere collocato dalla parte dei sacerdoti, che si sono rivelati come i suoi maggiori oppositori, quelli che alla fine lo processeranno e ne chiederanno la morte.
Nel protestantesimo si privilegia l’approccio intellettuale che ama studiare la Scrittura, leggerla e rileggerla sotto diverse angolature, mentre scarsa rilevanza hanno le ritualità e quanto può essere associato al sacrificio. Qui non c’è spazio per il sacrificio della messa né per le opere di rinuncia o di mortificazione, chiamate sacrifici, che assumerebbero valore meritorio.
Lo studio e la meditazione della Scrittura suggerisce di abbandonare la presunzione di essere salvati per sacrifici, al di fuori di quello di Cristo, o per opere meritorie, ma soltanto per l’amore che Dio ha manifestato e continua a manifestare per noi, al quale siamo invitati a rispondere con forza, amando Dio e il nostro prossimo.